mercoledì 28 settembre 2011

La pelle che abito

Robert Ledgard è un chirurgo impegnato nella ricerca, ancora illegale, volta alla creazione di una pelle resistente e transgenetica. Vive nella sua casa/ clinica insieme alla governante Marilia e a Vera, una ragazza su cui sperimenta le sue ricerche. Per lei Robert sembra provare una vera e propria ossessione: la tiene segregata in una stanza e la spia attraverso alcuni schermi mentre lei, indossando sempre una tutina color carne, strappa i vestiti e riempie i muri di scritte e disegni, utilizzando cosmetici vari.
Un giorno Zeca (o "Il Tigre"), criminale in fuga e figlio di Marilia, cerca rifugio dalla madre e, scorgendo per svaglio Vera, riconosce il lei Gal, la defunta moglie di Robert con la quale era fuggito. Violenta così la ragazza e viene ucciso dal chirurgo giusto in tempo.
Marilia confessa a Vera di essere la madre di Robert, rimasto vedovo dopo che Gal, rimasta carbonizzata durante un incidente, vedendo la sua immagine riflessa nello specchio si getta dalla finestra. Tutto ciò accade davanti alla figlia Norma che, traumatizzata, seguirà lo stesso destino.
Il rapporto tra Vera e Robert è ambiguo: chi è lei, perchè Robert la tiene segregata in quella stanza e soprattutto, cosa prova Robert per la ragazza? Lei vorrebbe chiarezza mentre lui, dopo la violenza, decide di lasciarla libera, ritenendo di poter concludere gli esperimenti.
Quella notte, dopo aver fatto l'amore con Vera (o non fatto...), Robert torna con la mente a sei anni prima, la sera in cui la figlia Norma, ancora viva, venne violentata da Vicente.



Che poi... violentata... diciamolo, lei non è che stesse bene! E dopo aver visto morire la madre potrebbe andare ben peggio! La ragazza è confusa, getta via i sandali, getta via il golfino ed esprime il desiderio di correre nuda per il bosco... Vicente potrebbe aver frainteso le sue intenzioni, rendendo così labile il limite tra torto e ragione, vittima e aguzzino.
Il dubbio percorre tutto il film: una storia circolare dove, dopo aver scatenato la più grande confusione, ogni nodo viene sciolto.
Tematiche come l'omosessualità, la malattia e il ritorno sono abitudini per Almodovar che qui però si è spinto un po' oltre, stupendomi ed affascinandomi non poco.
Così a caldo direi NOVE!
Io ci sono arrivata dopo aver visto la maschera, voi?

3 commenti:

  1. In realtà la tematica che tratta è piuttosto pesante ma si segue davvero bene!

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  2. Non mi pedo un film di Pedro da anni, e questo per me è uno dei suoi migliori. Si ride poco, anzi pochissmo, ma ha una tensione incredibile. Montaggio magico. Se non è nove è per me di sciuro Otto e mezzo.

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