Fresca di feste celtiche e scottata dal sole biellese, la Carotina è pronta a rifare i bagagli e partire di nuovo. Stavolta però è fuggita più lontana e vi è rimasta più a lungo. Non quanto avrebbe voluto, ma fin troppo per riflettere ed arrivare a conclusioni che avrebbe preferito non arrivassero mai.
Ma di questo parleremo più in là.
Ora è tempo di raccontare per bene i quattro giorni passati!
Berlino è decisamente una città punk!
Se Londra è una folk di classe, Berlino a confronto è rozza, fredda, ma colorata, vivibile, alla mano. Una città che a prima vista spaventa e rattristisce, colma di palazzoni alti e spogli, grigi e marroni. Ma vissuta un po' più a fondo si rivela un luogo amichevole, divertente, a misura d'uomo.
Tre giorni scarsi son fin troppi per capire quanto noi milanesi siamo indietro. Berlino è immensa ma, fornita di una fitta rete di mezzi, in poco meno di un'ora l'attraversi da parte a parte. Non ci sono tornelli nè barriere in metrò, ma sai che il biglietto lo hanno tutti. I controllori gironzolano in borghese, dicono... io non li ho mai visti, ma pagare sei euro di giornaliero è un piacere se sai che viaggi su poltrone morbide e pulite, con la certezza di arrivare a casa sano e salvo, nonostante i tuoi compagni di viaggio siano individui di dubbio gusto, muniti di bottiglia di birra. E di biglietto, ovvio!
A Berlino non hai mai fame... o meglio... ogni scusa è buona per essere affamati: non percorrerai mai una via senza incontrare un baracchino di currywurst, un take away, un fast food. E scendendo in metrò non mancherà il baracchino di frutta fresca, quello dei noodles, la bancarella dei pretzel. Torni che sei quadrato, provi ribrezzo al solo sentire odore di patatine fritte e passeranno settimane prima di sentire la voglia di kebab.
Che poi noi, è con kebab e cheeseburger che abbiamo aperto le danze. Erano le dieci del mattino. Ancor prima di mettere piede in ostello scorgiamo un'insegna appetitosa e, senza pensarci troppo su, ci buttiamo dentro. Avevo talmente fame, che di panini ne avrei mangiati due... ma era pur sempre il primo giorno...
Ieri ho scritto un sms alla mamma "Senti, per favore, almeno fino a nuovo ordine NIENTE PATATINE. NON LE VOGLIO PIU' VEDERE. NEMMENO DISEGNATE"Berlino è immensa...
Se hai tre giorni e tanto da vivere e vedere, a malincuore devi scegliere. Siamo partiti in otto, abbastanza saggi da archiviare la filosofia del "le cose le si fa tutti insieme" ma non quella del "La notte è ancora cciovane".
Non potevo esimermi dal visitare l'East Side Gallery, ho trascinato tutti a Potsdamer Platz, non di sera purtroppo, ma di giorno è ugualmente bella, però lo Jüdisches Museum è stato archiviato. L'idea iniziale era di girare a piedi, dare un occhio all'isola dei musei e poi diretta a Mauerpark, insieme alla mia fida compagna di sventure. Ovviamente così non è stato. Perchè se la città è gigante e la tua cartina minuscola, tutto ciò ti disorienta. Effettivamente le indicazioni non facevano una piega ma, addentrateci in un parco, dopo aver deciso di dar tregua alle stanche membra per qualche minuto, archiviamo la proposta. Quello non era il giardino dell'isola, ma il cortile del reparto geriatrico di un ospedale sconosciuto. Gara di carrozzelle? Più tardi, adesso vediamo di raccapezzarci.
Ed eccoci finalmente alla Alte Nationalgalerie. Non volevo chiudermi in un museo, ma Canova, Rodin, Friederick, Von Stuck valevano almeno cinque euro del biglietto. Gli altri cinque ce li ha messi Franz Kruger, con la sua meravigliosa Parata all'OpernPlatz, i mille dettagli minuziosi, il mio quarto d'ora di ascolto con l'audioguida.
So che non ho fatto il mio dovere di turista diligente, ma la sfida Tacheles vs Garten der Welt è finita 1 a 0 per i giardini.
Ubicati in un limbo a metà tra Cesano Boscone e PleasentVille...
Dopo chilometri a piedi tra palazzoni e villettine curate, con la staccionata e il ragazzino in bici che consegna la posta, io e la mia fida compagna di sventure abbiamo raggiunto il paradiso. Tante piccole ricostruzioni di giardini orientali circondate da stradine ben curate e l'erbetta all'inglese. E noi che speravamo di svaccarci sul prato! Illuse. Anche fumare una sigaretta sedute su una panchina provoca i sensi di colpa... Ho provato almeno più volte a scrivere due parole in più ma senza risultati. Garten der Welt dev'essere visto per capire la serenità che infonde.
Se già è complicato scegliere cosa vedere di giorno, ancora di più lo è per la notte.
Prima di tutto: si vive di notte o di giorno? No! Non si può scegliere. Non a Berlino almeno. Nemmeno una narcolettica come me.
Quando ricapita di camminare per le strade costeggiando tante case occupate da giovani festaioli? Che poi l'idea di imbucarci ad una festa, a me è anche venuta in mente. Ma la prima sera in effetti ero un po' stanca. E il giorno dopo abbiamo optato per una serata drum'n bass, sala piccola, musica meravigliosa, tanto spazio per ballare e chiupiti economici. Bilancio di ubriachi molesti allontanati con scortesia: zero! Il tutto conclusosi alle quattro con ritorno in tazi, senza sperperare troppo.
Qui da noi è fantascienza!
Raccontare tutto, ma proprio tutto è impossibile. Troppe cose in poco tempo e soprattutto, all'alba delle undici e mezza la Carota, reduce da un after in compagnia dell'uomo fonico (quello dei mattoni...), oggi uomo con la bombetta, raggiunge le trentasei ore di veglia, che hanno visto nell'ordine:
- pranzo al KFC
- passeggiata a Garten der Welt
- cena con noodles e cheeseburger a mezzanotte, alla faccia del cibo sano
- brindisi con tequila sale limone per il compleanno della Carota (meglio tardi che mai)
- ebbrezza riflessiva e confidenze spinte
- proposta di matrimonio da parte di un londinese, tale David
- volo per milano
- varie ed eventuali poco interessanti perchè accadute in quel di Milano
Ma prima di collassare definitivamente tra le lenzuola, la perlina di ieri va raccontata!
La Carota e fida compagna di sventure, di rotorno dai giardini, prendono l'ascensore. Con loro, due corpulente sconosciute.
- Mmh... quell'imbarazzo che aleggia in ascensore... - dice la Carota.
Poco dopo, in cerca di cibo, le due salgono di nuovo sull'ascensore che, fermatosi qualche piano più giù, fa salire due giovani ingelsi. Silenzio imbarazzante...
- How embarassing being on the elevator with people you don't konw - dice uno di loro
- Uh... si diceva poco fa - ricorda la compagna di sventure.
Sempre lo stesso inglese all'amico:
- I think she just called you gay!
- No!
Carota e Compagna scoppiano a ridere come due idiote, seguite dagli inglesi.
Aah! Essere italiane significa poter dire tutto, ma proprio tutto, in piena libertà.
Essere inglesi NO!
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