***ATTENZIONE*** Questo post contiene una quantità infinita di spoiler.
Ma m'importa assai, in primis perchè quanto riportato è ormai online da lunedì (in Italia da martedì mattina) e l'internet brulica di articoli a riguardo, in secundis perchè alcune brutture sono talmente ardue da digerire che, anziché perdere una preziosa ora del vostro tempo, mandando in frantumi le aspettative cresciute negli anni, tanto vale leggerle qui e indignarvi insieme a me.
Era un pomeriggio di agosto di quattro anni fa. 075 mi aveva invitata da lei a studiare e, dopo un paio d'ore in cui giuro, avevamo davvero studiato, la maledetta ha deciso che la sua testa e le sue costole ne avevano abbastanza di storia medievale e ha acceso il computer, chiedendomi se avessi mai visto How I met your mother.
Così abbiamo guardato il primo episodio, alla fine del quale, ingenuamente ho domandato:
- E quindi? Chi diavolo è questa madre?
- Non ne ho idea. Sta per iniziare la sesta serie e non si è ancora vista...
Molto bene, mi son detta. Aggiungendo a me stessa che la serie meritava e quindi, vuoi la curiosità, vuoi un immediato colpo di fulmine per Barney Stinson, avrei iniziato a guardarla anch'io, mettendomi in pari.
Ecco. se sono incazzata nera io, dopo solo quattro anni d'attesa, cosa dovrebbero dire quei poveri cristi che il finale lo aspettavano da nove, NOVE anni???
partiamo col dire che un'attesa così lunga non ha certo giocato a favore degli autori i quali, girandola così avanti si sono tirati la zappa sui piedi da soli. Nove anni significano un'aspettativa smisurata e per conto mio, arrivata alla settima stagione, mi son detta che nessun finale sarebbe mai stato all'altezza. Ma per quanto le mie aspettative fossero basse, di certo non mi immaginavo nulla di tutto ciò. Quindi alla fine un po' stupita forse lo ero. Bravi!
Per prima cosa parliamo di Barney e Robin. Mi state davvero dicendo che, dopo averli fatti mettere insieme rendendo ancora più miserabile la vita del povero Ted, dopo averli fatti ingrassare come maiali, fatti lasciare, fatti rimettere insieme e fatto sopportare a noi un'intera stagione di carrellate familiari, ripensamenti momentanei, scenette patetiche, questi dopo nemmeno tre anni divorziano? Ma siamo seri? Quindi il toccante cambiamento di Barney era solo uno scherzo. Evidentemente si visto che in nemmeno un'ora passa da marito fedele a consumato womanizer come lo conoscevamo a padre affettuoso, cambiando davvero una volta per tutte. Perché dare così poco spazio a una faccenda tanto importante? Certo, urlare al miracolo rendendo Robin la madre dei suoi figli sarebbe stato poco credibile, ma potevate giocarvela meglio, magari evitando completamente ciò che invece avete voluto solo accennare.
Ma passiamo alla madre. Già la prima apparizione di Cristin Miloti sul finale dell'ottava stagione è stato accolto dalla sottoscritta con un sonoro Embè? E ora che ho visto la sua faccia, cosa mi cambia? Anche introducendola, avreste potuto giocarvela meglio. Purtroppo questo è un mio difetto, sono cresciuta con Hitchcock il quale sa ben distinguere tra suspence e sorpresa, ma le due cose vanno dosate e utilizzate con cura. Se avessero introdotto la madre in silenzio, facendole incontrare tutti i personaggi, lo spettatore probabilmente avrebbe capito da solo e la curiosità sarebbe salita fino a far esclamare "Ma dai, vuoi dire che quella ragazza che ha raccattato Marshall di notte su una strada è davvero la madre? Ma io l'avevo capito subito!!". Invece no. Ma questo è un parere personale. Quello che sicuramente molti altri condividono è l'indignazione per la sua prematura dipartita. Per quanto introdotta più o meno male, noi a questa ragazza più bella di Robin e più tenera di Lily ci siamo affezionati tanto. Soprattutto dopo quelle descrizioni sparse qua e là tra gli episodi in cui Ted raccontava come lei fosse davvero perfetta per lui tanto da pensare che ci fosse speranza per tutti i forever alone come Ted. E invece, ancora una volta no! Perché per quanto meraviglioso, era un amore destinato a non durare.
Ovviamente però, lo scherzo più crudele arriva alla fine del racconto.
I bambini guardano il padre, arrivando da soli all'unica conclusione possibile. Per quanto grande fosse l'amore per la mamma, Ted è da sempre, irrimediabilmente innamorato di Robin. E gli stessi figli lo spingono tra le braccia della zia. Quanto può essere credibile tutto ciò? Voi per nove anni avete voluto raccontarci quanto fosse perfetta la mamma e quanto Ted l'amasse. in cinque minuti ci distruggete l'anima facendola morire e poi mostrate un vedovo impassibile e due figli ancona più impassibili che traggono la suddetta conclusione. No! NO! Per non parlare della parte più crudele dello scherzo, perchè dovete sapere, miei cari lettori (io 'ho scoperto giocando a vero o falso, ma avrei potuto arrivarci anche utilizzando la testa), che tutte le riprese dei figli sono state girate durante la prima stagione, per evitare che i ragazzi crescessero. Ne consegue che il finale sia stato girato anch'esso tra le prime scene. Quindi gli autori avevano deciso TUTTO fin dall'inizio! Un tutto a cui noi eravamo già arrivati praticamente alla prima puntata ma non volevamo crederci perchè "dai, se si parla della madre, è OVVIO che gli autori ci stanno depistando!". E invece no! Hanno voluto giocare con noi poveri spettatori fin dall'inizio, mostrando come la prima impressione fosse davvero quella giusta. E che tante volte non è il finale ad essere rilevante, quanto più come le cose si sviluppano e si evolvono. Anche se francamente la trovo una paraculata da sceneggiatore incapace di scrivere una fine epica. E se ci erano riusciti per ogni singolo episodio, perchè non fare uno sforzo in più rendendo epico anche il finale vero e proprio?
L'unica ipotesi plausibile è che gli autori di How I met your mother nascondano davvero della genialità incompresa. Se infatti il calendario non m'inganna, la puntata è uscita il 31 marzo in America, ma il resto del mondo (vuoi per i sottotitoli, vuoi per il fuso orario) l'ha vista il 1 aprile. Trattasi quindi del pesce d'aprile più grande della storia. E settimana prossima, all'insaputa di tutti uscirà il vero finale. O almeno è quello che spero!
venerdì 4 aprile 2014
lunedì 31 marzo 2014
Il passato ha le lenti rosa
Soffrire di nevrosi penso sia un problema comune a tutti. Con l'avvicinarsi dei trenta però, rendersi conto di avere la stessa nevrosi che affligge quasi tutte le persone anziane non è di certo confortante.
Non so se questo problema abbia un nome scientifico, ho anche cercato su google ma a parte un sito sull'educazione, uno sui giovani in crisi per mancanza di lavoro e il vaccabolario (???) la mia ricerca non ha prodotto risultati degni di nota. Per fortuna non ha nemmeno annunciato morti imminenti, il che può capitare, googlando sintomi di svariato tipo, quindi mi sento sollevata, anche se penso sia difficile che la costante malinconia per il passato porti alla morte, a meno che non si pensi direttamente al suicidio ma, non essendo il mio caso, posso stare tranquilla.
Proprio così miei cari, da che io abbia memoria, sono sempre stata un'incurabile malinconica, alla ricerca di un passato ormai lontano e superato. Me ne rendo conto sempre più ogni anno che passa: ripensando a quello precedente, provo spesso nostalgia e rimpianto, anche se lì per lì quei momenti non mi sembravano nulla di particolarmente divertente e, quasi di sicuro, li avessi trascorsi ripensando con altra nostalgia a quelli passati l'anno prima ancora.
Non che sia incapace di godermi l'attimo. Si, di solito il presente mi fa un po' schifo, ci metto qualche tempo a digerirlo, ma spesso il processo non richiede più di una manciata di ore, dopo le quali posso affermare di aver passato una bella serata, un bel pomeriggio, una bella giornata in generale. Ma capire se è davvero un bel periodo, misurandolo sulla lunga durata, quella è un'altra faccenda.
Non do giudizi affrettati, solitamente quando lo faccio, la situazione finisce per rivoltarmisi contro. Ho bisogno di tempo per capire se ciò che ho fatto, se quel che è successo e che mi ha portata dove sono ora sia stato davvero bello oppure no. Il problema è che il giudizio cambia a seconda di come guardi le cose, e più passa il tempo, più queste prendono una bella forma, anche se a guardarle da vicino sembravano davvero brutte.
Ciò che trovo assolutamente incomprensibile è come sia possibile rimpiangere qualcosa che, nel momento stesso in cui lo avevi, ne avresti fatto volentieri a meno. E' malato, perverso... assurdo! No?
Eppure succede.
Succede che passi un anno a lamentarti, a non dormire la notte, a sentirti brutta, stupida e incapace, ti passa la fame, ti svegli ogni mattina sempre più incazzata e ti senti dire che tutto questo malessere è visibile anche a chi ti vede poco, ma adesso, a 365 giorni di distanza, daresti via un pezzo di anima (non tutta perchè l'hai impegnata anni fa e non sei ancora riuscita a riscattarla per intero) pur di tornare indietro.
Spiegatemi perchè una persona normale dovrebbe desiderare così tanto di rivivere qualcosa che nella realtà sembrava essere stressante e difficile? Perché la testa dovrebbe cancellare tutti i brutti ricordi lasciando solo quelli piacevoli? O peggio, perché trasformarli rendendoli carini?
Ci ho messo un'eternità a ripescare le notti insonni, l'autostima a terra, le incazzature mattutine, perché su due piedi, quel che ricordo sono i pomeriggi a lavorare, le battute cretine, le lezioni di sceneggiatura (appunto... cioè), le pause trascorse al sole a chiacchierare e bere il caffè...
Non è normale. Sono ricordi distorti, filtrati, parziali! Non dovremmo imparare dal passato? Sembra proprio che la mia testa abbia deciso di non collaborare e, almeno per ora, farmi navigare nella nostalgia senza pensare troppo a quel che ho ora, rimandando gli apprezzamenti seri all'anno prossimo (forse, non è detto che succeda).
E in tutto questo mare di nostalgia non giustificata, la cosa più buffa è rendersi conto di non aver perso le cose importanti ma, al contrario, di averle vicine, alcune molto più di quanto un anno fa era solo concesso desiderare.
Mentre cerco di trovare delle risposte sensate vi lascio, condividendo uno dei tanti momenti di follia, che ora posso solo permettermi di ricordare.
Non so se questo problema abbia un nome scientifico, ho anche cercato su google ma a parte un sito sull'educazione, uno sui giovani in crisi per mancanza di lavoro e il vaccabolario (???) la mia ricerca non ha prodotto risultati degni di nota. Per fortuna non ha nemmeno annunciato morti imminenti, il che può capitare, googlando sintomi di svariato tipo, quindi mi sento sollevata, anche se penso sia difficile che la costante malinconia per il passato porti alla morte, a meno che non si pensi direttamente al suicidio ma, non essendo il mio caso, posso stare tranquilla.
Proprio così miei cari, da che io abbia memoria, sono sempre stata un'incurabile malinconica, alla ricerca di un passato ormai lontano e superato. Me ne rendo conto sempre più ogni anno che passa: ripensando a quello precedente, provo spesso nostalgia e rimpianto, anche se lì per lì quei momenti non mi sembravano nulla di particolarmente divertente e, quasi di sicuro, li avessi trascorsi ripensando con altra nostalgia a quelli passati l'anno prima ancora.
Non che sia incapace di godermi l'attimo. Si, di solito il presente mi fa un po' schifo, ci metto qualche tempo a digerirlo, ma spesso il processo non richiede più di una manciata di ore, dopo le quali posso affermare di aver passato una bella serata, un bel pomeriggio, una bella giornata in generale. Ma capire se è davvero un bel periodo, misurandolo sulla lunga durata, quella è un'altra faccenda.
Non do giudizi affrettati, solitamente quando lo faccio, la situazione finisce per rivoltarmisi contro. Ho bisogno di tempo per capire se ciò che ho fatto, se quel che è successo e che mi ha portata dove sono ora sia stato davvero bello oppure no. Il problema è che il giudizio cambia a seconda di come guardi le cose, e più passa il tempo, più queste prendono una bella forma, anche se a guardarle da vicino sembravano davvero brutte.
Ciò che trovo assolutamente incomprensibile è come sia possibile rimpiangere qualcosa che, nel momento stesso in cui lo avevi, ne avresti fatto volentieri a meno. E' malato, perverso... assurdo! No?
Eppure succede.
Succede che passi un anno a lamentarti, a non dormire la notte, a sentirti brutta, stupida e incapace, ti passa la fame, ti svegli ogni mattina sempre più incazzata e ti senti dire che tutto questo malessere è visibile anche a chi ti vede poco, ma adesso, a 365 giorni di distanza, daresti via un pezzo di anima (non tutta perchè l'hai impegnata anni fa e non sei ancora riuscita a riscattarla per intero) pur di tornare indietro.
Spiegatemi perchè una persona normale dovrebbe desiderare così tanto di rivivere qualcosa che nella realtà sembrava essere stressante e difficile? Perché la testa dovrebbe cancellare tutti i brutti ricordi lasciando solo quelli piacevoli? O peggio, perché trasformarli rendendoli carini?
Ci ho messo un'eternità a ripescare le notti insonni, l'autostima a terra, le incazzature mattutine, perché su due piedi, quel che ricordo sono i pomeriggi a lavorare, le battute cretine, le lezioni di sceneggiatura (appunto... cioè), le pause trascorse al sole a chiacchierare e bere il caffè...
Non è normale. Sono ricordi distorti, filtrati, parziali! Non dovremmo imparare dal passato? Sembra proprio che la mia testa abbia deciso di non collaborare e, almeno per ora, farmi navigare nella nostalgia senza pensare troppo a quel che ho ora, rimandando gli apprezzamenti seri all'anno prossimo (forse, non è detto che succeda).
E in tutto questo mare di nostalgia non giustificata, la cosa più buffa è rendersi conto di non aver perso le cose importanti ma, al contrario, di averle vicine, alcune molto più di quanto un anno fa era solo concesso desiderare.
Mentre cerco di trovare delle risposte sensate vi lascio, condividendo uno dei tanti momenti di follia, che ora posso solo permettermi di ricordare.
venerdì 7 febbraio 2014
universo aleatorio, universo di entropia
Buongiorno mio fedelissimo popolo della rete. Eccomi reduce dalle prime due settimane di lavoro. Nonostante in questi primi giorni di cose ne siano successe molte, non ho ancora deciso se quest'universo aleatorio ed entropico che è il lavoro freelance, mi piaccia oppure no.
Certo è che prima di venerdì scorso, complice anche una pms parecchio aggressiva (io non credevo a queste cose e invece...), somigliavo più ad una gorgone incazzata che ad un essere umano. Ma cattivo umore a parte, lo stato di creatura semi umana dall'aspetto poco rassicurante ben si addice ad un lavoratore autonomo alle prime armi e, visto che ho intenzione di tirare le somme con un bell'elenco dei pro e dei contro, tra poco spiegherò anche il perchè.
Le cose belle dell'essere - di fatto - una freelancer
1 - Non hai orari. Potersi alzare alle otto, nove, dieci, undici, dodici, mille del mattino è una meraviglia! Di fatto decido io quando iniziare e posso gestirmi il tutto come meglio credo, pur rispettando i limiti delle consegne. Quindi posso pianificare di lavorare ddici ore in un giorno, se ho altre cose da fare il secondo.
2 - La strada per arrivare al lavoro è decisamente corta. Niente code, niente folla, pioggia e traffico ma solo quattro scarsi metri da fare, rotolando dal letto alla scrivania. In pratica il percorso opposto a quello fatto dai vestiti che, dalla poltrona vengono ricacciati a caso sul letto.
3 - Assenza totale di dresscode ovvero possibilità di lavorare in totale comodità, con fascia e rollini,
occhiale e tuta. In pratica uno schifo, ma a volte il buon gusto di conciarmi da persona normale (specie se sono uscita la mattina e quindi mi ritrovo già i vestiti addosso) l'ho anch'io.
4 - I clienti - pochi - ti trattano come una persona seria, permettendoti anche di decidere sui preventivi. Sebbene io stia cercando di diventare materialista e venale, su questo punto dovrei lavorarci un po'...
5 - Sconfinata cultura cinematografica. Uditiva più che visiva, ma lavorare guardando l'intera filmografia di Mel Brooks non ha prezzo!!!
Le cose brutte dell'essere - di fatto - una freelancer
1 - Non hai orari. E come spesso accade, sai quando inizi ma non quando finisci. Non timbrando un cartellino ed essendo io una colossale testarda, mi capita di spegnere il computer alle due di notte, nonostante sia dalle dieci e mezza che ripeto a me stessa "Oggi hai fatto abbastanza, pazzeggiare un po' non ti porterà all'inferno'".
2 - Lavorare dentro casa è estraniante e a volte manca lo stimolo di vedere facce e conoscere persone.
3 - La sindrome da sciame. O da ingorgo. In pillole, se un giorno hai da fare, sta pur sicura che QUELLO sarà anche il momento in cui tutti gli altri committenti decideranno di farsi sentire. Con insistenza. Al contrario, se la lungimiranza ti consiglia di tenerti libero il pomeriggio, o l'intera giornata seguente in attesa di nuove istruzioni, riceverai una telefonata in cui lo stesso committente preferisce "aggiornarsi a lunedì". Lo stesso lunedì in cui avrai di sicuro VENTORDICI consegne, e in quel momento penserai "Ma non potevi dirmelo venerdì scorso, pezzo d'idiota, che ho passato tre giorni a trastullarmi???". Equilibrio, questo sconosciuto.
Volendo vedere le cose in grande, questo grave problema ha fatto si che da febbraio io abbia quattro lavori tutti insieme ed è molto probabile che, com'è stato a settembre, ottobre, novembre e dicembre, io torni nel meraviglioso mondo della disoccupazione non appena scadrà il contratto da stagista.
Dopo aver steso questa lista con estrema attenzione, posso dedurre che i pro sono maggiori dei contro, quindi di fatto la conclusione è che il lavoro mi piace. Per ora problemi come lo scarso guadagno o comunque l'impossibilità di prevederlo non mi sfiorano ancora. E' già tanto aver tenuto in mano cento miseri eurini (quarantacinque dei quali finiti in mano ad un ladro dal volto sconosciuto al quale auguro di MORIRE SOFFOCATO ASCOLTANDO ITALIA AMORE MIO), quindi ad ora tutto ciò che arriva è grasso che cola.
Se poi le cose dovessero ingranare davvero, penserò in grande, per ora mi godo il periodo, tanto lo sappiamo tutti che a maggio finirò di nuovo in una pozza grigia di ozio e tristezza.
Ma a quel punto...
Certo è che prima di venerdì scorso, complice anche una pms parecchio aggressiva (io non credevo a queste cose e invece...), somigliavo più ad una gorgone incazzata che ad un essere umano. Ma cattivo umore a parte, lo stato di creatura semi umana dall'aspetto poco rassicurante ben si addice ad un lavoratore autonomo alle prime armi e, visto che ho intenzione di tirare le somme con un bell'elenco dei pro e dei contro, tra poco spiegherò anche il perchè.
Le cose belle dell'essere - di fatto - una freelancer
1 - Non hai orari. Potersi alzare alle otto, nove, dieci, undici, dodici, mille del mattino è una meraviglia! Di fatto decido io quando iniziare e posso gestirmi il tutto come meglio credo, pur rispettando i limiti delle consegne. Quindi posso pianificare di lavorare ddici ore in un giorno, se ho altre cose da fare il secondo.
2 - La strada per arrivare al lavoro è decisamente corta. Niente code, niente folla, pioggia e traffico ma solo quattro scarsi metri da fare, rotolando dal letto alla scrivania. In pratica il percorso opposto a quello fatto dai vestiti che, dalla poltrona vengono ricacciati a caso sul letto.
3 - Assenza totale di dresscode ovvero possibilità di lavorare in totale comodità, con fascia e rollini,
occhiale e tuta. In pratica uno schifo, ma a volte il buon gusto di conciarmi da persona normale (specie se sono uscita la mattina e quindi mi ritrovo già i vestiti addosso) l'ho anch'io.
4 - I clienti - pochi - ti trattano come una persona seria, permettendoti anche di decidere sui preventivi. Sebbene io stia cercando di diventare materialista e venale, su questo punto dovrei lavorarci un po'...
5 - Sconfinata cultura cinematografica. Uditiva più che visiva, ma lavorare guardando l'intera filmografia di Mel Brooks non ha prezzo!!!
Le cose brutte dell'essere - di fatto - una freelancer
1 - Non hai orari. E come spesso accade, sai quando inizi ma non quando finisci. Non timbrando un cartellino ed essendo io una colossale testarda, mi capita di spegnere il computer alle due di notte, nonostante sia dalle dieci e mezza che ripeto a me stessa "Oggi hai fatto abbastanza, pazzeggiare un po' non ti porterà all'inferno'".
2 - Lavorare dentro casa è estraniante e a volte manca lo stimolo di vedere facce e conoscere persone.
3 - La sindrome da sciame. O da ingorgo. In pillole, se un giorno hai da fare, sta pur sicura che QUELLO sarà anche il momento in cui tutti gli altri committenti decideranno di farsi sentire. Con insistenza. Al contrario, se la lungimiranza ti consiglia di tenerti libero il pomeriggio, o l'intera giornata seguente in attesa di nuove istruzioni, riceverai una telefonata in cui lo stesso committente preferisce "aggiornarsi a lunedì". Lo stesso lunedì in cui avrai di sicuro VENTORDICI consegne, e in quel momento penserai "Ma non potevi dirmelo venerdì scorso, pezzo d'idiota, che ho passato tre giorni a trastullarmi???". Equilibrio, questo sconosciuto.
Volendo vedere le cose in grande, questo grave problema ha fatto si che da febbraio io abbia quattro lavori tutti insieme ed è molto probabile che, com'è stato a settembre, ottobre, novembre e dicembre, io torni nel meraviglioso mondo della disoccupazione non appena scadrà il contratto da stagista.
Dopo aver steso questa lista con estrema attenzione, posso dedurre che i pro sono maggiori dei contro, quindi di fatto la conclusione è che il lavoro mi piace. Per ora problemi come lo scarso guadagno o comunque l'impossibilità di prevederlo non mi sfiorano ancora. E' già tanto aver tenuto in mano cento miseri eurini (quarantacinque dei quali finiti in mano ad un ladro dal volto sconosciuto al quale auguro di MORIRE SOFFOCATO ASCOLTANDO ITALIA AMORE MIO), quindi ad ora tutto ciò che arriva è grasso che cola.
Se poi le cose dovessero ingranare davvero, penserò in grande, per ora mi godo il periodo, tanto lo sappiamo tutti che a maggio finirò di nuovo in una pozza grigia di ozio e tristezza.
Ma a quel punto...
Non serve aggiungere altro!
martedì 28 gennaio 2014
Panico e curiosità
Due settimane fa ho pubblicato il precedente post in cui, prima di cominciare una lunga disquisizione sul lavoro creativo, ho annunciato il mio desiderio di piantarla con le lagne e cercare di combinare qualcosa. In realtà la prima parte era esplicita, la seconda no ma sappiate che l'intenzione era quella.
E in effetti ho cominciato. Mi sono data da fare, ho smazzato per giorni e alla fine qualcosa ho prodotto. Che cosa, in particolare non è dato saperlo ora, l'importante è che l'abbia fatto, riscuotendo qualche risposta positiva dai vari collaboratori.
Poi, mentre il cuoricino si riempiva di speranza per la buona riuscita del nuovo progetto, da voci alle quali avevo smesso di dare fiducia arriva la proposta che aspettavo da mesi.
E così, senza pensarci troppo su, ho inviato il curriculum e tentato la fortuna. Che stavolta è stata dalla mia.
Così, popolo della rete che fedelmente mi segue da anni, sono felice di condividere con voi la gioia per il mio primo impiego pagato!
Finalmente (ufficialmente da lunedì prossimo) sono anch'io una lavoratrice retribuita a contratto regolare. Leggete stagista ma per me è come guardare il mondo dall'ultimo piano dell'Empi... no, facciamo dal duomo di Milano.
Se poi tenete conto che da ormai cinque mesi ho iniziato (meglio tardi che mai) a soffrire di vertigini, vi dirò che la paura è più o meno la stessa.
Sarò completamente - o quasi - autonoma, lavorerò con persone che hanno dimostrato di riporre piena fiducia in me e le aspettative sono molto alte... il pensiero di deluderle mi fa morire dentro, il timore di non essere all'altezza del compito fa a pugni col desiderio di mettermi alla prova. So cosa penseranno in molti, che alla fine ce la farò e darò il meglio di me, è la stessa cosa che mi ripetono gli amici e il moroso, ma è normale avere paura all'inizio. specialmente quando di fatto non ci sono precedenti rilevanti... Ma come dice il saggio, la paura ti tiene lontano dall'essere un dottore a metà. O un impiegato, un cameriere, un programmatore, un ingegnere o nel mio caso, un disegnatore, quindi ben venga, soprattutto se accompagnata da una buona dose di curiosità e voglia di sperimentare e migliorare.
Con una marea di domande per la testa, credo che andrò a dormire. Ufficiosamente domani si comincia!
E in effetti ho cominciato. Mi sono data da fare, ho smazzato per giorni e alla fine qualcosa ho prodotto. Che cosa, in particolare non è dato saperlo ora, l'importante è che l'abbia fatto, riscuotendo qualche risposta positiva dai vari collaboratori.
Poi, mentre il cuoricino si riempiva di speranza per la buona riuscita del nuovo progetto, da voci alle quali avevo smesso di dare fiducia arriva la proposta che aspettavo da mesi.
E così, senza pensarci troppo su, ho inviato il curriculum e tentato la fortuna. Che stavolta è stata dalla mia.
Così, popolo della rete che fedelmente mi segue da anni, sono felice di condividere con voi la gioia per il mio primo impiego pagato!
Finalmente (ufficialmente da lunedì prossimo) sono anch'io una lavoratrice retribuita a contratto regolare. Leggete stagista ma per me è come guardare il mondo dall'ultimo piano dell'Empi... no, facciamo dal duomo di Milano.
Se poi tenete conto che da ormai cinque mesi ho iniziato (meglio tardi che mai) a soffrire di vertigini, vi dirò che la paura è più o meno la stessa.
Sarò completamente - o quasi - autonoma, lavorerò con persone che hanno dimostrato di riporre piena fiducia in me e le aspettative sono molto alte... il pensiero di deluderle mi fa morire dentro, il timore di non essere all'altezza del compito fa a pugni col desiderio di mettermi alla prova. So cosa penseranno in molti, che alla fine ce la farò e darò il meglio di me, è la stessa cosa che mi ripetono gli amici e il moroso, ma è normale avere paura all'inizio. specialmente quando di fatto non ci sono precedenti rilevanti... Ma come dice il saggio, la paura ti tiene lontano dall'essere un dottore a metà. O un impiegato, un cameriere, un programmatore, un ingegnere o nel mio caso, un disegnatore, quindi ben venga, soprattutto se accompagnata da una buona dose di curiosità e voglia di sperimentare e migliorare.
Con una marea di domande per la testa, credo che andrò a dormire. Ufficiosamente domani si comincia!
martedì 14 gennaio 2014
#coglioneno. Per quanto triste possa sembrare.
Tre giorni fa ho promesso di smetterla con le lagne.
Non trovo lavoro, faccio schifo, non sono capace di fare nulla, nessuno mi vuole, morirò povera e disoccupata.
Basta!
Tuttavia stasera, di ritorno dalla consueta lezione di lindy hop, anzi di swing, accendo il computer e mi imbatto nella campagna pubblicitaria ormai condivisa da una buona metà dei miei contatti, #coglioneno. E inizio a leggere. Fatalità, proprio in quel momento mia madre stava guardando Piazzapulita, ospiti gli Zero (creatori della campagna di cui sopra). La cosa stuzzica il mio interesse così, oltre al link, ascolto pure il discorso del ragazzo toscano (non so chi sia dei tre, giuro studierò) che da il colpo di grazia alla mia già fragile serenità.
Tornata in camera, condivido io stessa l'articolo e poi, cosa pericolosa e controproducente, inizio a riflettere.
Per prima cosa vorrei complimentarmi con gli Zero per l'idea e la capacità di virilizzare in poco tempo la campagna. Finalmente un'idea intelligente in mezzo alla marmaglia di schifezze che passa il web. Se avessi anch'io l'idea geniale, riuscirei - si, è un inizio - ad ottenere più visibilità. Invece pare proprio che nelle mie corde, la capacità di creare un prodotto virale sia estranea e sconosciuta.
Purtroppo però, sebbene davvero una gran parte dei miei contatti avesse letto e condiviso la campagna, la paura che questa rimanga appannaggio degli "addetti ai lavori" senza raggiungere il pubblico realmente da sensibilizzare è viva. Gli amici che l'hanno condivisa sono anch'essi creativi e per la maggior parte (forse tutti), giovani. Chi l'ha letta idem, mentre il pubblico da raggiungere è ben più vasto e differente. Mi è venuta la malsana idea di allegare il link alla prossima email che spedirò. Ma anche qui il discorso deve prendere una piega leggermente diversa. Perché il mio problema è che fondamentalmente non mi si caga nessuno. Qualche volta ricevo offerte di lavoro gratis, ma gli stessi committenti sono studenti forse più disperati di me, ai quali non me la sento di chiedere soldi perchè sono la prima a comprendere la situazione. Io stessa sto avviando un'attività, sperando nel buon cuore dei collaboratori e finora nessuno di loro mi ha mandata a quel paese. Ci aiutiamo a modo nostro. éPer quanto riguarda le aziende invece, nessuna sembra interessata al mio estro creativo e alle mie capacitò. Non propongono collaborazioni gratis, semplicemente ignorano, perchè cercano qualcuno con esperienza, che possa garantire un lavoro professionale. Ma la domanda è sempre la stessa: Come faccio a crearmi un'esperienza se nessuno mi fa iniziare? Sarete mica nati imparati voi!
Potrei darmi da fare e cominciare qualcosa da sola. E qui giunge il terzo punto della mia riflessione (collegato anche alla mia incapacità di creare prodotti virali): non solo le aziende, ma gli stessi creativi e compagni di scialuppa sembrano disinteressati a quel che faccio. Pare lo considerino un'arte inutile. Se così non fosse, qualcosa salterebbe fuori, una richiesta, qualche consiglio... e parlo di quelli che un lavoro ce l'hanno, come i miei colleghi montatori, grazie ai quali tutto ciò che posso fare io risulta inutile perchè loro possono garantire un prodotto sicuramente di qualità inferiore, ma consegnato in tempi più rapidi. Non avranno la sensibilità di un animatore, ma ormai il mercato se ne fotte alquanto e punta tutto sulla velocità. L'ho imparato a mie spese. Quindi l'aspetto che più mi inquieta, è il fatto di conoscere creativi i quali, anziché aiutarsi a vicenda, considerino quelli che operano nel mio campo inutili e buoni solo a un pubblico di bambini.
Così, ancora una volta mi trovo a domandarmi se anni di studio e impegno siano stati un buon investimento. Avrei fatto meglio a finire il liceo e cominciare a lavorare in un negozietto, in un ristorante, in uno studio medico. Probabilmente avrei una famiglia, di sicuro avrei una casa tutta mia e un po' di rispetto in più. Di una cosa sono fermamente convinta: quando avrò un figlio - e giuro, lo avrò -, e questo mi dirà che vuole studiare danza, arte, musica o design, lo iscriverò di corsa all'ITIS, oppure lo manderò a fare l'apprendista da un meccanico.
In un paese come l'Italia questo non significa distruggere i sogni. Purtroppo io la chiamo lungimiranza.
giovedì 9 gennaio 2014
C'è da ben sperare
Lo so, lo so, l'anno nuovo è cominciato da più di una settimana, avrei già dovuto adagiarmici comodamente, lasciarmi cingere dai giorni che scorrono, crearmi una conchetta dove guardare e vivere i tempi che verranno. Purtroppo però, l'unica superficie dove mi sono adagiata finora è il letto del coinquilino della mia amica Meow, sbavando impunemente sul cuscino del suddetto. Non fatevi cullare da pensieri piccanti: il fanciullo era assente e ad ogni modo non interessato alla mia persona in quanto amante del sesso maschile. Per quanto riguarda il lasciarmi cingere, fantasticate pure, perchè finalmente la mia vita ha iniziato a prendere una piega interessante (ribadisco i ringraziamenti a CdS) quindi posso dire che il nuovo anno si è presentato con una bella faccia.
Ad ogni modo, nonostante da ormai una settimana siamo entrati con entrambi i piedi nel duemilaquattordici, mi piacerebbe tirare le fila dell'anno passato, da un punto di vista diciamo globale.
Il duemilatredici è stato l'anno di Game of Thrones e di Walter White. E' stato anche l'anno di Papa Francesco, del swing, di Ruzzle, di Candy Crush e di Scottecs Comics. Guardando Supersquorz ho scoperto che l'acqua è un veleno potentissimo e non sono mai stata più felice di non possedere una vasca da bagno (già, i 27 sono quasi passati ma è meglio stare attenti) e ancora del ritorno di Bridget Jones, delle start up, del coworking e di Adruino (che poi, se queste cose esistevano anche l'anno passato, io comunque le ignoravo).
Purtroppo però, il 2013 è stato anche l'anno di Oscar Giannino, di Renzi, di Beppe Grillo e dell'Italia sull'orlo dell'anarchia. Di Miley Cyrus che cavalca una palla da demolizione e del vintage arraffazzonato, quello che intreccia senza problemi gli anni '20 con gli anni '50, unendo piume e Delorian, come se tutto ciò che è passato fosse indistintamente buono e giusto. Che potrei anche accettarlo, ma proponetemi una cosa per volta. E se volessimo ignorare tutti i prediciottesimi che il duemilatredici ci ha regalato, non possiamo ignorare che sia stato l'anno degli elenchi. Più numerosi di quando Saviano ce li propinava in televisione a Vieni via con me.
Come non ricordare
- I buoni propositi per un anno in bicicletta
- Le ventiquattro cose che siamo stanchi di sentire
- Le venti pubblicità degli anni '50 che oggi sarebbero considerate immorali
- le dieci cose da fare per la buona riuscita di un colloquio (no vi prego, guardatelo perchè fa troppo ridere)
- Le 20 foto che non dovete perdervi (se non soffrite di vertigini)
- Le cose che vi rendono un antifiga
- Le otto cose da fare prima di stendere il bucato
- Le quarantaquattro cose da fare mai
- Le ventordici scuse per immagazzinare nel domani quello che avrei dovuto fare ieri
Sebbene tutti questi elenchi dimostrino più o meno la stessa cosa, uno in particolare la fa apparire più lampante che mai:
Da ogni punto dell'articolo emerge in modo lampante come ormai ognuno di noi aspiri alla notorietà. E soprattutto che non importa avere talento, particolari capacità, bella presenza, titoli nobiliari, perchè viviamo in un paese dove Trucebaldazzi ha più possibilità di comparire in televisione rispetto a un diplomato al conservatorio.
Capite da soli che per una povera crista reduce da anni di sforzi e riconoscimenti più o meno inutili, da ormai sei mesi in cerca di un briciolino di attenzione, tutto ciò sia scoraggiante e nauseabondo.
Il 2013 è stato l'anno delle pacche sulle spalle e dei lavori gratis, c'è da ben sperare che quello nuovo riservi palate di danaro e un repulisti totale delle schifezze da youtube e dai social network. Se così non fosse, inizierò a ingrassare come una foca e a fare tutorial sulle trecce, sdraiata sui binari del treno, con una colonna sonora neomelodica.
E poi vediamo chi è più bravo!
Ad ogni modo, nonostante da ormai una settimana siamo entrati con entrambi i piedi nel duemilaquattordici, mi piacerebbe tirare le fila dell'anno passato, da un punto di vista diciamo globale.
Il duemilatredici è stato l'anno di Game of Thrones e di Walter White. E' stato anche l'anno di Papa Francesco, del swing, di Ruzzle, di Candy Crush e di Scottecs Comics. Guardando Supersquorz ho scoperto che l'acqua è un veleno potentissimo e non sono mai stata più felice di non possedere una vasca da bagno (già, i 27 sono quasi passati ma è meglio stare attenti) e ancora del ritorno di Bridget Jones, delle start up, del coworking e di Adruino (che poi, se queste cose esistevano anche l'anno passato, io comunque le ignoravo).
Purtroppo però, il 2013 è stato anche l'anno di Oscar Giannino, di Renzi, di Beppe Grillo e dell'Italia sull'orlo dell'anarchia. Di Miley Cyrus che cavalca una palla da demolizione e del vintage arraffazzonato, quello che intreccia senza problemi gli anni '20 con gli anni '50, unendo piume e Delorian, come se tutto ciò che è passato fosse indistintamente buono e giusto. Che potrei anche accettarlo, ma proponetemi una cosa per volta. E se volessimo ignorare tutti i prediciottesimi che il duemilatredici ci ha regalato, non possiamo ignorare che sia stato l'anno degli elenchi. Più numerosi di quando Saviano ce li propinava in televisione a Vieni via con me.
Come non ricordare
- I buoni propositi per un anno in bicicletta
- Le ventiquattro cose che siamo stanchi di sentire
- Le venti pubblicità degli anni '50 che oggi sarebbero considerate immorali
- le dieci cose da fare per la buona riuscita di un colloquio (no vi prego, guardatelo perchè fa troppo ridere)
- Le 20 foto che non dovete perdervi (se non soffrite di vertigini)
- Le cose che vi rendono un antifiga
- Le otto cose da fare prima di stendere il bucato
- Le quarantaquattro cose da fare mai
- Le ventordici scuse per immagazzinare nel domani quello che avrei dovuto fare ieri
Sebbene tutti questi elenchi dimostrino più o meno la stessa cosa, uno in particolare la fa apparire più lampante che mai:
Da ogni punto dell'articolo emerge in modo lampante come ormai ognuno di noi aspiri alla notorietà. E soprattutto che non importa avere talento, particolari capacità, bella presenza, titoli nobiliari, perchè viviamo in un paese dove Trucebaldazzi ha più possibilità di comparire in televisione rispetto a un diplomato al conservatorio.
Capite da soli che per una povera crista reduce da anni di sforzi e riconoscimenti più o meno inutili, da ormai sei mesi in cerca di un briciolino di attenzione, tutto ciò sia scoraggiante e nauseabondo.
Il 2013 è stato l'anno delle pacche sulle spalle e dei lavori gratis, c'è da ben sperare che quello nuovo riservi palate di danaro e un repulisti totale delle schifezze da youtube e dai social network. Se così non fosse, inizierò a ingrassare come una foca e a fare tutorial sulle trecce, sdraiata sui binari del treno, con una colonna sonora neomelodica.
E poi vediamo chi è più bravo!
mercoledì 1 gennaio 2014
Ansia da prestazione e felice anno nuovo
Chi ben comincia è a metà dell'opera, dicono.
Chi invece comincia male, e questo lo dico io, può solo aspettarsi che le cose migliorino. Che possano andare peggio è difficile, ma sempre possibile. Tuttavia non è quello che mi aspettava solo trecentosessanta.... no, era dispari, quindi non poteva essere bisestile, trecentosessantacinque giorni fa: una mattina grigia d'inizio gennaio in cui infagottarmi sotto il piumone e mettere un cartello alla porta sembrava l'unica soluzione possibile al malumore. Se solo avessi saputo davvero quel che mi aspettava, il malumore avrebbe impiego meno delle ventiquattrore effettive a scomparire del tutto, ma talvolta è necessario che passi da sé. Come disse un saggio al quale spesso mi ispiro, a volte basta semplicemente stare a guardare e le cose vanno a posto da sole. Il problema nasce quando gli elementi sembrano esserci tutti, sistemati tra loro in maniera perfetta.
Cosa fare quando vieni svegliata da un raggio di sole, il cielo azzurro sopra una città che vorresti diventasse prima o poi la tua, accorgendoti di aver recuperato tutte le ore di sonno perse la notte prima, nel migliore dei modi possibili? Mettiamoci pure un paio di french toast preparati con affetto e il quadretto è completo. Ti guardi in giro pensando che sia tutto talmente perfetto da voler stringere ogni cosa sperando che non sgusci via senza controllo, cercando magari di afferrare qualcos'altro stando attenta a non far sfuggire nulla d'importante. A dire il vero, l'unica cosa che vorrei rimanesse così com'è, è il mio nuovo modo di guardare e affrontare gli eventi, perchè a voler essere del tutto obiettivi, non è che l'anno passato mi abbia portato solo cose belle, è stato più che altro il modo di affrontare quelle brutte a cambiare. Quindi, se non sarà l'anno nuovo, ora è la mia forza d'animo a sentire una grande ansia da prestazione!
Ce la possiamo fare? Io dico di si!
Chi invece comincia male, e questo lo dico io, può solo aspettarsi che le cose migliorino. Che possano andare peggio è difficile, ma sempre possibile. Tuttavia non è quello che mi aspettava solo trecentosessanta.... no, era dispari, quindi non poteva essere bisestile, trecentosessantacinque giorni fa: una mattina grigia d'inizio gennaio in cui infagottarmi sotto il piumone e mettere un cartello alla porta sembrava l'unica soluzione possibile al malumore. Se solo avessi saputo davvero quel che mi aspettava, il malumore avrebbe impiego meno delle ventiquattrore effettive a scomparire del tutto, ma talvolta è necessario che passi da sé. Come disse un saggio al quale spesso mi ispiro, a volte basta semplicemente stare a guardare e le cose vanno a posto da sole. Il problema nasce quando gli elementi sembrano esserci tutti, sistemati tra loro in maniera perfetta.
Cosa fare quando vieni svegliata da un raggio di sole, il cielo azzurro sopra una città che vorresti diventasse prima o poi la tua, accorgendoti di aver recuperato tutte le ore di sonno perse la notte prima, nel migliore dei modi possibili? Mettiamoci pure un paio di french toast preparati con affetto e il quadretto è completo. Ti guardi in giro pensando che sia tutto talmente perfetto da voler stringere ogni cosa sperando che non sgusci via senza controllo, cercando magari di afferrare qualcos'altro stando attenta a non far sfuggire nulla d'importante. A dire il vero, l'unica cosa che vorrei rimanesse così com'è, è il mio nuovo modo di guardare e affrontare gli eventi, perchè a voler essere del tutto obiettivi, non è che l'anno passato mi abbia portato solo cose belle, è stato più che altro il modo di affrontare quelle brutte a cambiare. Quindi, se non sarà l'anno nuovo, ora è la mia forza d'animo a sentire una grande ansia da prestazione!
Ce la possiamo fare? Io dico di si!
domenica 29 dicembre 2013
Thanksgiving
Un titolo leggermente fuori tempo massimo, visto che siamo a dicembre inoltrato, però purtroppo è vero: il Natale quando arriva arriva, e se arriva nel momento sbagliato, sono un po' affari suoi.
Ho provato con tutta me stessa ad accogliere lo spirito e l'allegria delle feste ma purtroppo con scarsi risultati. Ho anche proposto al papà di addobbare insieme l'albero di Natale, ma non voleva disturbarmi mentre lavoravo, così il mio contributo si è ridotto solo a sistemare il disastro di palline e luci multicolor che aveva combinato.
Io non odio il Natale, tutt'altro, ma certi anni arriva senza che io ne percepisca la magia o l'eccitazione. Niente impazienza, niente progetti, nessun desiderio di riposo. Alla fine, se ti trovi di fatto in vacanza da luglio, poco importa che arrivino le feste, tanto le giornate son tutte uguali.
Ma uguali non significa spiacevoli né tantomeno noiose. Il punto è renderle divertenti senza bisogno di alberi, lucine, pacchetti, fiocchettini. E così è stato, perchè l'eccitazione di dicembre, vedeva di fatto le radici nei mesi precedenti, mesi talmente frenetici (se escludiamo il piano lavorativo) da non sapere dove sarebbe stata la mia testa di lì ad una settimana. Mesi in cui sono successe tante cose, non tutte per forza belle ma sopportabili e di fatto utili.
Per cui, se il primo gennaio mi sono svegliata con la testa intontita e la rabbia di un capodanno che non sembrava promettere nulla di buono, ora invece sono qui a credere che qualche volta anche Paolo Fox dica qualcosa di buono. Forse se lo inventa, forse ha solo fortuna. Quest'anno ha avuto ragione.
Un bell'anno fortunato forse non è solo quello in cui ti laurei, ottieni il lavoro dei tuoi sogni e guadagni un sacco di soldi. Può esserlo anche quello in cui per il compleanno ricevi un portafoto costruito dalle amiche che, nonostante sembri masticato a causa della pioggia, esplode di amore e cinque anni di scemenze fatte insieme, quello in cui il primo di novembre ti improvvisi attrice urlando "PORCO!" ad un malcapitato che per cause di forza maggiore, interpreta il ruolo di marito fedifrago e baffuto, quello in cui superi una rottura con la semplicità con cui bevi il vino in un bicchiere oppure vedi il tuo primo film proiettato su un grande schermo e ricevi i complimenti di tante persone. Oppure ti trovi con le amiche mangiando caramelle e guardando film comodamente sedute su un prato. Le stesse amiche che ti hanno insegnato a fare la treccia ripresa o a svegliarti la mattina con una chioma perfetta, utilizzando solo una fascia per capelli.
E lo stesso vale per il natale, può essere bello anche senza l'atmosfera giusta, basta qualche molletta rossa, un the caldo, qualche pettegolezzo scambiato staccando smarties dal tetto di una casetta di pan di zenzero, una birra, una pentola a forma di gufo, una sigarettina sotto casa, un gatto che non vuole le coccole, un gatto che invece le coccole le vuole.... Cose così.
Per concludere, vorrei cogliere l'occasione per ringraziare pubblicamente CdS. Le voglio bene anche per come è fatta, e con questo intendo perfida. Non solo quando mi dice che con la frangetta faccio schifo, scoppia a ridere quando sono triste o approfitta dei suoi occhioni per ottenere ciò che vuole. E' perfida sempre. Pensavo che ciò non valesse per la CdS ubriaca, che inizia a chiacchierare amabilmente e pare adorabile. Mi sbagliavo, è perfida anche quando beve, ma se uniamo perfidia a dolcezza alcolica, otterremo un cocktail perfetto! E potrebbe accadere che, pensando di essere cattivissima, inizi a parlare a sproposito con due amici raccontando loro fatti che riguardano me, riuscendo, anziché sputtanarmi, a sbloccare una situazione che si protrae da mesi, nella quale io gioco il ruolo della liceale scema insieme ad un altro liceale scemo, due scemi che per tanto tempo hanno continuato a sorridersi, chiacchierando timidamente, senza avere il coraggio di andare oltre.
A volte avere amiche perfide e chiacchierone può rivelarsi dannatamente stupendo e se non avessi un'amica così perfida, questi ultimi giorni non sarebbero stati così carini. Finalmente! Ma questa è un'altra storia.
Ho provato con tutta me stessa ad accogliere lo spirito e l'allegria delle feste ma purtroppo con scarsi risultati. Ho anche proposto al papà di addobbare insieme l'albero di Natale, ma non voleva disturbarmi mentre lavoravo, così il mio contributo si è ridotto solo a sistemare il disastro di palline e luci multicolor che aveva combinato.
Io non odio il Natale, tutt'altro, ma certi anni arriva senza che io ne percepisca la magia o l'eccitazione. Niente impazienza, niente progetti, nessun desiderio di riposo. Alla fine, se ti trovi di fatto in vacanza da luglio, poco importa che arrivino le feste, tanto le giornate son tutte uguali.
Ma uguali non significa spiacevoli né tantomeno noiose. Il punto è renderle divertenti senza bisogno di alberi, lucine, pacchetti, fiocchettini. E così è stato, perchè l'eccitazione di dicembre, vedeva di fatto le radici nei mesi precedenti, mesi talmente frenetici (se escludiamo il piano lavorativo) da non sapere dove sarebbe stata la mia testa di lì ad una settimana. Mesi in cui sono successe tante cose, non tutte per forza belle ma sopportabili e di fatto utili.
Per cui, se il primo gennaio mi sono svegliata con la testa intontita e la rabbia di un capodanno che non sembrava promettere nulla di buono, ora invece sono qui a credere che qualche volta anche Paolo Fox dica qualcosa di buono. Forse se lo inventa, forse ha solo fortuna. Quest'anno ha avuto ragione.
Un bell'anno fortunato forse non è solo quello in cui ti laurei, ottieni il lavoro dei tuoi sogni e guadagni un sacco di soldi. Può esserlo anche quello in cui per il compleanno ricevi un portafoto costruito dalle amiche che, nonostante sembri masticato a causa della pioggia, esplode di amore e cinque anni di scemenze fatte insieme, quello in cui il primo di novembre ti improvvisi attrice urlando "PORCO!" ad un malcapitato che per cause di forza maggiore, interpreta il ruolo di marito fedifrago e baffuto, quello in cui superi una rottura con la semplicità con cui bevi il vino in un bicchiere oppure vedi il tuo primo film proiettato su un grande schermo e ricevi i complimenti di tante persone. Oppure ti trovi con le amiche mangiando caramelle e guardando film comodamente sedute su un prato. Le stesse amiche che ti hanno insegnato a fare la treccia ripresa o a svegliarti la mattina con una chioma perfetta, utilizzando solo una fascia per capelli.
E lo stesso vale per il natale, può essere bello anche senza l'atmosfera giusta, basta qualche molletta rossa, un the caldo, qualche pettegolezzo scambiato staccando smarties dal tetto di una casetta di pan di zenzero, una birra, una pentola a forma di gufo, una sigarettina sotto casa, un gatto che non vuole le coccole, un gatto che invece le coccole le vuole.... Cose così.
Per concludere, vorrei cogliere l'occasione per ringraziare pubblicamente CdS. Le voglio bene anche per come è fatta, e con questo intendo perfida. Non solo quando mi dice che con la frangetta faccio schifo, scoppia a ridere quando sono triste o approfitta dei suoi occhioni per ottenere ciò che vuole. E' perfida sempre. Pensavo che ciò non valesse per la CdS ubriaca, che inizia a chiacchierare amabilmente e pare adorabile. Mi sbagliavo, è perfida anche quando beve, ma se uniamo perfidia a dolcezza alcolica, otterremo un cocktail perfetto! E potrebbe accadere che, pensando di essere cattivissima, inizi a parlare a sproposito con due amici raccontando loro fatti che riguardano me, riuscendo, anziché sputtanarmi, a sbloccare una situazione che si protrae da mesi, nella quale io gioco il ruolo della liceale scema insieme ad un altro liceale scemo, due scemi che per tanto tempo hanno continuato a sorridersi, chiacchierando timidamente, senza avere il coraggio di andare oltre.
A volte avere amiche perfide e chiacchierone può rivelarsi dannatamente stupendo e se non avessi un'amica così perfida, questi ultimi giorni non sarebbero stati così carini. Finalmente! Ma questa è un'altra storia.
domenica 22 dicembre 2013
Dalle anabole a mamma oca: il linguaggio criptato dei messaggini
Oggi vorrei affrontare un argomento molto serio e attuale, soprattutto da quando gli smartphones hanno conquistato una porzione ben più che rilevante all'interno della nostra vita. Questi diabolici marchingegni ormai, ben lungi dalla loro originaria funzione di semplice mezzo di comunicazione, hanno assunto un ruolo fondamentale nelle nostre vite, permettendoci di compiere le azioni più disparate. Quello che solo dieci anni fa era un semplice telefono, oggi è anche una fotocamera, una macchina da presa, un elettrodomestico, il colonnello delle previsioni del tempo, un'edicola, un comodo dosaspaghetti, un soprammobile, un fermacarte, un fermaporte, un sasso.
In realtà la mia intenzione è ben lontana dal demonizzare i nuovi telefonini, bensì di porre l'attenzione su un componente fondamentale degli stessi, senza il quale l'utilizzo dello smartphone non creerebbe ilarità e risate più o meno scomposte.
Sto parlando dell'autocorrettore!
Da quando la tastiera qwerty ha reso obsoleto e inutile il sistema di scrittura intuitivo T9, ci troviamo davanti a un essere d'intelligenza superiore che vorrebbe correggere gli innumerevoli errori dovuti alla piccolezza dei tastini, ma più spesso finisce per sostituire termini giusti con altri del tutto sconnessi con il contesto e il senso della frase. Talvolta invece, dando il meglio di sé, ignora del tutto gli errori che dovrebbero essere corretti e sostituisce termini che invece credevi di aver scritto giusti. Altre volte invece decide di improvvisarsi veggente e completa parole che già scritte così avrebbero un senso compiuto. Ma avendo ormai dita rapidissime, noi non ci facciamo caso e inviamo il messaggio così come è stato scritto, creando così situazioni buffe e spesso imbarazzanti nei nostri amici i quali, se siamo fortunati, si faranno una sonora risata decidendo di volervi ancora più bene, oppure decideranno di smettere di parlare con persone insane e troppo fantasiose, lasciandovi soli a riflettere sulla vostra ignoranza. Ovviamente la cosa può assumere risvolti ben più imbarazzanti, specie se dall'altra parte c'è uno dei genitori (e ormai impazzano i siti di screenshot con frasi imbarazzanti spedite a mamma e papà) o, peggio ancora, qualcuno che magari vi piace che probabilmente, una volta decifrato il messaggio, deciderà di troncare a metà la conversazione, preferendo parlare con qualcuno un po' meno criptico di voi.
A me è successo innumerevoli volte. Anzi, potrei dire che gli unici messaggi che escono puliti dal mio infallibile ditino siano quelli contenenti solo ed esclusivamente smile. E anche qui a volte ne piazzo qualcuno a sproposito.
Del resto le prime volte che mi trovai faccia a faccia con una qwerty, decisi che on faceva per me e reimpostai la tastiera 3x4, finché LaQ non decise di sgridarmi pubblicamente. E fu così che mi piegai ai minuscoli tastini, facendo uscire parole mai viste e messaggi ancora oggi in mano a filologi e decifratori professionisti. Le mie compagne iniziarono a prendermi in giro, quindi a formulare ipotesi sul perchè di questa mia incapacità. Evidentemente "E' solo tonta!" non era una spiegazione plausibile.
- Ma lei ha un samsung, ha i tasti piccini...
- Si ma anche le sue mani sono piccine...
- Che cosa mai avrà voluto dire?
- Che cos'è un vestito Chrysler*?
- Parlare con te e parlare con Zoidberg è la stessa cosa!
Erano le frasi più gettonate. E anche le più gentili. (quelle in verde sono di CdS, è giusto che sappiate)
Adesso per fortuna la loro abilità nel comprendere ciò che voglio dir loro ha raggiunto livelli altissimi!
Lascerò che le immagini parlino per me.
Non sto a chiedermi cosa avessi scritto prima dell'intervento dell'autocorrect. Ma almeno il suddetto ha avuto buona volontà
Lascerò che le immagini parlino per me.
Qui invece mi sto ancora chiedendo come mai Kasanova sia diventato "massa oca", mentre "avrq" è rimasto impunito...
Ad ogni modo ormai, oltre ad essere diventate delle vere e proprie esperte nel decifrare il mio linguaggio criptato, le amiche hanno smesso di insultarmi e spesso ringraziano per i momenti di gioia e divertimento che regalo al mondo!
Postilla Necessaria
lunedì 9 dicembre 2013
Il tiro perfetto
Cosa fanno le ragazze Cosmo il sabato sera?
Niente eventi mondani, niente party esclusivi. Le VERE ragazze Cosmo, quelle toste che vengono dal ghetto, preferiscono qualcosa di alternativo, come regredire all'età di tredici anni rintanandosi in una sala giochi, circondate da tamarri d'ogni specie. E posso assicurare che la dose di sfortuna abbattutasi su di me ieri sera è da considerarsi come qualcosa di estremamente alternativo. Quantomeno c'è da sperarlo. per la cronaca:
- prima di tutto perdo due gettoni litigando contro un videogioco stronzo
- poi, mentre sfoggio le mie abilità, frutto di anni d'allenamento a pinball, mi rendo conto di aver perso il porta tabacco, pazientemente cucito da un'amica e memoria di tante sventure.
- infine decido che è la serata giusta per giocare la peggiore partita a bowling di tutta la mia vita.
Non sono mai stata brava ma non pensavo che sarei tornata a casa totalizzando un dignitosissimo 30. O 29... non ne sono sicura. Non credevo fosse possibile e invece così è stato.
Il fatto è che quando ho tirato la prima palla, guardandola finire miseramente nel canale, ho sperato che con la seconda le cose avrebbero potuto migliorare, ma così non è stato. E se alla settima palla finita nel canale la speranza sembrava ancora viva, con l'ultimo tiro ho deciso di rassegnarmi alla realtà: mentre le mie amichette svettavano verso il settanta, io non avrei superato i trenta punti.
Va beh può succedere, schifo per schifo rimango comunque il boss dello sparatutto (non è vero, anche al laser game vengo sconfitta senza ritegno) ma per stasera sarà meglio non rischiare oltre.
Poi però capita che ci pensi su e, in momenti di nullafacenza, riesca a trovare metafore poco ortodosse anche in una partita di bowling.
Tiri una volta e finisce male, la seconda non sembra andare meglio e così le successive... migliorerà col tempo, dicono. Ma se così non fosse? Alla fine è questione di poco: il polso nella posizione sbagliata, un piccolo sbilanciamento, una palla troppo pesante o troppo leggera che alla fine rischia di prendere la direzione che non dovrebbe. E ne ho provate tante: quella viola leggera, quella nera e pesantissima, la gialla, la rossa, quella rosa a pallini celesti piena di biglie, ma nessuna sembrava andare bene, anche dopo tanti tentativi.
Chi mi garantisce che troverò la posizione e i movimenti giusti, che avrò abbastanza tentativi a mia disposizione prima di perdere la pazienza e rinunciare una volta per tutte? Soprattutto tenendo conto che dalla mia ho quest'incurabile tendenza a non voler mai imparare dalle esperienze passate. In fondo ci metto del mio...
Intanto, mentre mi pongo domande ed elaboro strategie volte alla ricerca del tiro perfetto, mi rendo conto di aver scelto una metafora terribilmente ambigua...
Niente eventi mondani, niente party esclusivi. Le VERE ragazze Cosmo, quelle toste che vengono dal ghetto, preferiscono qualcosa di alternativo, come regredire all'età di tredici anni rintanandosi in una sala giochi, circondate da tamarri d'ogni specie. E posso assicurare che la dose di sfortuna abbattutasi su di me ieri sera è da considerarsi come qualcosa di estremamente alternativo. Quantomeno c'è da sperarlo. per la cronaca:
- prima di tutto perdo due gettoni litigando contro un videogioco stronzo
- poi, mentre sfoggio le mie abilità, frutto di anni d'allenamento a pinball, mi rendo conto di aver perso il porta tabacco, pazientemente cucito da un'amica e memoria di tante sventure.
- infine decido che è la serata giusta per giocare la peggiore partita a bowling di tutta la mia vita.
Non sono mai stata brava ma non pensavo che sarei tornata a casa totalizzando un dignitosissimo 30. O 29... non ne sono sicura. Non credevo fosse possibile e invece così è stato.
Il fatto è che quando ho tirato la prima palla, guardandola finire miseramente nel canale, ho sperato che con la seconda le cose avrebbero potuto migliorare, ma così non è stato. E se alla settima palla finita nel canale la speranza sembrava ancora viva, con l'ultimo tiro ho deciso di rassegnarmi alla realtà: mentre le mie amichette svettavano verso il settanta, io non avrei superato i trenta punti.
Va beh può succedere, schifo per schifo rimango comunque il boss dello sparatutto (non è vero, anche al laser game vengo sconfitta senza ritegno) ma per stasera sarà meglio non rischiare oltre.
Poi però capita che ci pensi su e, in momenti di nullafacenza, riesca a trovare metafore poco ortodosse anche in una partita di bowling.
Tiri una volta e finisce male, la seconda non sembra andare meglio e così le successive... migliorerà col tempo, dicono. Ma se così non fosse? Alla fine è questione di poco: il polso nella posizione sbagliata, un piccolo sbilanciamento, una palla troppo pesante o troppo leggera che alla fine rischia di prendere la direzione che non dovrebbe. E ne ho provate tante: quella viola leggera, quella nera e pesantissima, la gialla, la rossa, quella rosa a pallini celesti piena di biglie, ma nessuna sembrava andare bene, anche dopo tanti tentativi.
Chi mi garantisce che troverò la posizione e i movimenti giusti, che avrò abbastanza tentativi a mia disposizione prima di perdere la pazienza e rinunciare una volta per tutte? Soprattutto tenendo conto che dalla mia ho quest'incurabile tendenza a non voler mai imparare dalle esperienze passate. In fondo ci metto del mio...
Intanto, mentre mi pongo domande ed elaboro strategie volte alla ricerca del tiro perfetto, mi rendo conto di aver scelto una metafora terribilmente ambigua...
martedì 3 dicembre 2013
Carrot's adventures in businessland
In una settimana avrò chiamato non so quanti studi. Tutti molto gentili al telefono ma, una volta fissato un appuntamento per risentirci, pian piano cambiano tutti tono e se inizialmente vedevo delle possibilità, col passare dei giorni vedo crescere sempre più il numero delle possibilità bruciate.
Bah! A questo punto pregherò per essere assunta gratis...
martedì 26 novembre 2013
Il giusto equilibrio
Qualche giorno fa contemplavo la scarsità di mail ricevute nelle ultime settimane, senza nascondere una vena di piacere in tutto ciò. Mi riferisco chiaramente alle mail di lavoro. In particolare, per un attimo ho sperato che il regista con cui (a quanto pare) sto collaborando fosse stato vittima di imprevisti o, in alternativa avesse deciso di ritrasferirsi nella sua città d'origine. L'ultima mail risaliva a metà ottobre e la cosa mi rallegrava parecchio. Poi giovedì sera, mentre gongolavo sola soletta a casa, sento il telefono vibrare e mi prende una sincope, la stessa che mi assale ogniqualvolta un regista o chiunque altro si occupi di cinema dal vero mi domanda
- Perché non collaboriamo?
E io, anziché rispondere "Perché no!", sorrido dicendo
- Certo! Hai qualche idea in mente?
Per poi ritrovarmi a sbattere la testa contro la tavoletta grafica, maledicendo me stessa per aver accettato e il suddetto personaggio di turno perchè, abituato a ben altri ritmi, si aspetta che io gli consegni un lavoro finito senza la minima idea di cosa voglia dire portare a termine il tutto.
E' un vizio di cui non riesco a liberarmi.
Ogni volta ci ricasco senza capire che, per forza di cose, chi non si occupa di animazione, molto raramente sa davvero cosa stia dietro a tutto questo.
Poi un paio di giorni fa l'occhio mi cade su un articolo di Ondacinema e non posso dedurre altro se non che il problema è più diffuso di quanto pensassi e riguarda sia gli addetti ai lavori che critici e giornalisti, non solo in Italia ma anche all'estero. Purtroppo molti vogliono parlare di animazione ma ben pochi possono e sanno davvero come farlo.
L'articolo che mi ha fatto saltare i nervi è questo
Se cliccate sulla foto, potrete leggere l'articolo in grande, senza cavarvi gli occhi.
Adesso, perché una semplice classifica dovrebbe farmi saltare i nervi?
In fondo dovrebbe farmi piacere che qualcuno si sia interessato all'animazione, tanto da tirare fuori registi dal grande talento come Starevich (che per chi non lo sapesse, già dagli anni '10 ricreava favole animate utilizzando insetti morti filandoli in stop motion). Purtroppo però, risalendo la classifica, i nervi iniziano a cedere. Il problema principale sta proprio al primo posto.
Sorvolando quel Galline in Fuga, che farò finta di non aver visto, come puoi tu, giornalista anonimo o fittizio critico cinematografico, regalare la prima posizione a Valzer con Bashir?
Che sia un gran film siamo tutti d'accordo. Può piacere o non piacere (a me tra l'altro è piaciuto molto), però senza dubbio è ben fatto e tratta tematiche forti e attuali riprendendole anche da un punto di vista originale, fin qui tutto bene. Ma tu, sempre tu, mio caro scrittore anonimo, hai una minima idea di come sia stato realizzato quel film? Te lo dico io: quel film è un banale, banalissimo rotoscopio, che nel linguaggio di tutti i giorni significa che qualcuno ha girato le scene con degli attori veri e qualcun altro le ha ricalcate. E aggiungerò anche che questo rotoscopio è una tecnica talvolta usata per salvare delle riprese mediocri che, una volta riprodotte, vengono corrette nella luce, nitidezza, colore...
Non v'è dubbio che la squadra di rotoscopisti alle dipendenze di Ari Folman sia eccellente, ma davvero tu mi stai dicendo che trovi questo film migliore di un qualsiasi altro capolavoro nato da zero? La città incantata ad esempio, oppure Fantasia, che peraltro è in seconda posizione.
Qui si parla di animazione, non possiamo pensare di premiare le idee a discapito della tecnica. Non pretendo che al primo posto mettiate Ralph spaccatutto (le cui caramelline sembrano davvero in grado di sciogliersi tra i denti, frizzare e provocare carie immediate!) ma un minimo di equilibrio tra l'aspetto visivo e la sceneggiatura ci vuole, altrimenti davvero sono costretta a pensare che non abbiate la minima idea sull'argomento.
Da "addetta ai lavori" mi sento in dovere di dire la mia. E purtroppo non è un bene tutto questo perché la maggior parte delle volte, mentre guardo un film, non riesco mai a godermelo fino in fondo perché sono troppo distratta ad ammirare l'aspetto tecnico. E sperare che un giorno, tra i mille nomi che popolano i titoli di coda, ci sia anche il mio.
- Perché non collaboriamo?
E io, anziché rispondere "Perché no!", sorrido dicendo
- Certo! Hai qualche idea in mente?
Per poi ritrovarmi a sbattere la testa contro la tavoletta grafica, maledicendo me stessa per aver accettato e il suddetto personaggio di turno perchè, abituato a ben altri ritmi, si aspetta che io gli consegni un lavoro finito senza la minima idea di cosa voglia dire portare a termine il tutto.
E' un vizio di cui non riesco a liberarmi.
Ogni volta ci ricasco senza capire che, per forza di cose, chi non si occupa di animazione, molto raramente sa davvero cosa stia dietro a tutto questo.
Poi un paio di giorni fa l'occhio mi cade su un articolo di Ondacinema e non posso dedurre altro se non che il problema è più diffuso di quanto pensassi e riguarda sia gli addetti ai lavori che critici e giornalisti, non solo in Italia ma anche all'estero. Purtroppo molti vogliono parlare di animazione ma ben pochi possono e sanno davvero come farlo.
L'articolo che mi ha fatto saltare i nervi è questo
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Adesso, perché una semplice classifica dovrebbe farmi saltare i nervi?
In fondo dovrebbe farmi piacere che qualcuno si sia interessato all'animazione, tanto da tirare fuori registi dal grande talento come Starevich (che per chi non lo sapesse, già dagli anni '10 ricreava favole animate utilizzando insetti morti filandoli in stop motion). Purtroppo però, risalendo la classifica, i nervi iniziano a cedere. Il problema principale sta proprio al primo posto.
Sorvolando quel Galline in Fuga, che farò finta di non aver visto, come puoi tu, giornalista anonimo o fittizio critico cinematografico, regalare la prima posizione a Valzer con Bashir?
Che sia un gran film siamo tutti d'accordo. Può piacere o non piacere (a me tra l'altro è piaciuto molto), però senza dubbio è ben fatto e tratta tematiche forti e attuali riprendendole anche da un punto di vista originale, fin qui tutto bene. Ma tu, sempre tu, mio caro scrittore anonimo, hai una minima idea di come sia stato realizzato quel film? Te lo dico io: quel film è un banale, banalissimo rotoscopio, che nel linguaggio di tutti i giorni significa che qualcuno ha girato le scene con degli attori veri e qualcun altro le ha ricalcate. E aggiungerò anche che questo rotoscopio è una tecnica talvolta usata per salvare delle riprese mediocri che, una volta riprodotte, vengono corrette nella luce, nitidezza, colore...
Non v'è dubbio che la squadra di rotoscopisti alle dipendenze di Ari Folman sia eccellente, ma davvero tu mi stai dicendo che trovi questo film migliore di un qualsiasi altro capolavoro nato da zero? La città incantata ad esempio, oppure Fantasia, che peraltro è in seconda posizione.
Qui si parla di animazione, non possiamo pensare di premiare le idee a discapito della tecnica. Non pretendo che al primo posto mettiate Ralph spaccatutto (le cui caramelline sembrano davvero in grado di sciogliersi tra i denti, frizzare e provocare carie immediate!) ma un minimo di equilibrio tra l'aspetto visivo e la sceneggiatura ci vuole, altrimenti davvero sono costretta a pensare che non abbiate la minima idea sull'argomento.
Da "addetta ai lavori" mi sento in dovere di dire la mia. E purtroppo non è un bene tutto questo perché la maggior parte delle volte, mentre guardo un film, non riesco mai a godermelo fino in fondo perché sono troppo distratta ad ammirare l'aspetto tecnico. E sperare che un giorno, tra i mille nomi che popolano i titoli di coda, ci sia anche il mio.
martedì 19 novembre 2013
Polenta e osei il quindici d'agosto
A volte è una questione di COSA, più spesso è una questione di COME, talora invece l'importante è il DOVE o il PERCHE'.
Purtroppo però, troppo spesso è una questione di QUANDO.
Della serie Polenta e Osei il 15 di agosto...
Giusto qualche sera fa, io e il mio amico L raggiungiamo l'amica Pi in centro. Proprio in quel momento, tra gli amici del ragazzo di Pi, si palesa un semidio alto biondo e ricciuto che, da fonti attendibili pare essere single! Le stesse fonti attestano che, col mio nuovo taglio e la mia verve, sono sufficientemente figa da cogliere al volo la sfida.
Così imbastisco un'amabile chiacchiera col fanciullo che non sembra disdegnare la cosa. Ad un tratto però, dal nulla sbucano due ragazze romane che monopolizzano l'attenzione del semidio.
Io e Pi torniamo da L, che mi chiede se il tentativo sia andato a buon fine.
- No purtroppo.. Sono arrivate due sue amiche e me l'hanno portato via.
- Ma dai! Farti battere così da due ragazzette... erano carine almeno?
- No - risponde Pi - ma nessuno avrebbe potuto competere con due amiche venute apposta da Roma che non vedeva da anni!
- Mi spiace... dai, se vuoi torniamo su e a queste due ci penso io.
- No davvero! Non mi interessa.
- Ma sei sicura?
- Si si.
E lo ero davvero! Nonostante avessi pensato per un attimo al maledetto tempismo delle romane che, arrivando un attimo dopo mi avrebbero almeno fatto concludere il discorso e, arrivando un attimo prima avrebbero evitato che lo cominciassi, in realtà la cosa non mi toccava per niente, perché purtroppo, da qualche giorno ho la testa altrove e purtroppo non trovo spazio per altro.
In ritardo di due anni, questo è il vero problema!
Purtroppo però, troppo spesso è una questione di QUANDO.
Della serie Polenta e Osei il 15 di agosto...
Giusto qualche sera fa, io e il mio amico L raggiungiamo l'amica Pi in centro. Proprio in quel momento, tra gli amici del ragazzo di Pi, si palesa un semidio alto biondo e ricciuto che, da fonti attendibili pare essere single! Le stesse fonti attestano che, col mio nuovo taglio e la mia verve, sono sufficientemente figa da cogliere al volo la sfida.
Così imbastisco un'amabile chiacchiera col fanciullo che non sembra disdegnare la cosa. Ad un tratto però, dal nulla sbucano due ragazze romane che monopolizzano l'attenzione del semidio.
Io e Pi torniamo da L, che mi chiede se il tentativo sia andato a buon fine.
- No purtroppo.. Sono arrivate due sue amiche e me l'hanno portato via.
- Ma dai! Farti battere così da due ragazzette... erano carine almeno?
- No - risponde Pi - ma nessuno avrebbe potuto competere con due amiche venute apposta da Roma che non vedeva da anni!
- Mi spiace... dai, se vuoi torniamo su e a queste due ci penso io.
- No davvero! Non mi interessa.
- Ma sei sicura?
- Si si.
E lo ero davvero! Nonostante avessi pensato per un attimo al maledetto tempismo delle romane che, arrivando un attimo dopo mi avrebbero almeno fatto concludere il discorso e, arrivando un attimo prima avrebbero evitato che lo cominciassi, in realtà la cosa non mi toccava per niente, perché purtroppo, da qualche giorno ho la testa altrove e purtroppo non trovo spazio per altro.
In ritardo di due anni, questo è il vero problema!
domenica 17 novembre 2013
Uscire dall'ombra
Qualche giorno fa, mentre guardavo TvTalk, ho realizzato una verità triste e rivoluzionaria allo stesso tempo.
Viviamo in un paese dove alcuni genitori si dicono fieri della propria figlia (non ancora) diciottenne che struscia il suo giovane corpo sugli scogli o giace su un binario ferroviario (spero morto), assumendo pose sensuali in mondovisione su youtube. Sorvolando il fatto che alcune di esse, di sicuro bravissime ragazze, piene di bontà d'animo ma prive di grazia e bellezza, espongano sé stesse ad un'umiliazione che va ben oltre i commenti postati sotto, ne ho concluso che la soluzione per uscire dall'ombra come motion designer è più semplice di quanto pensassi.
Perché non far partire la mia carriera proprio con un prediciottesimo? Ben lungi dall'esporre il mio (ancora) giovane corpo al pubblico ludibrio, pensavo di chiedere ai miei personaggi di farlo. In fondo possono vantare un'altezza considerevole, grazia, bellezza e una mimica facciale che Kirsten Stuart si sogna la notte.
L'unico problema è il tempo di realizzazione. Probabilmente quando avrò finito sia io che loro avranno come minimo 30 anni per gamba. Però sono cartoni animati... forse una soluzione la si trova.
Bah!
L'unico problema è il tempo di realizzazione. Probabilmente quando avrò finito sia io che loro avranno come minimo 30 anni per gamba. Però sono cartoni animati... forse una soluzione la si trova.
Bah!
felinide.blogspot.com |
lunedì 4 novembre 2013
Ponte? Pranzo? Cosa?
Quella che segue è la triste storia di come il destino abbia deciso di ribaltare completamente la logica della mia vita, ovvero donarmi un impiego e trasformare i quattro giorni di ponte (tre? si tre...) in ore e ore di lavoro matto e disperatissimo, per poi lasciarmi a vacanzeggiare per il resto dell'anno. Con una piccola appendice dimostrativa di come, sempre il suddetto destino, dimostri continuamente affetto nei miei confronti.
Siamo a Lunedì, tardo pomeriggio: mentre probabilmente sono impegnata a scrivere post di nessunissimo interesse per il mondo, un vecchio compagno di scuola mi contatta per propormi un fantomatico lavoro: non importa di che si tratti, le due uniche parole a cogliere la mia attenzione sono "duecento euro". Si, mi interessa. Ma passiamo al lavoro in sé: trattasi di un contributo grafico in 3D per una ditta farmaceutica che deve promuovere degli assorbenti... bla bla bla... servirebbe per il 5. Che poi sarebbe domani.
Piccolo problema: io a lavorare in 3D sono una cagna di dimensioni cosmiche. Ma duecento euro, da queste parti sono una cifra ancora più cosmica e mi son detta che, nonostante la consegna così prossima, valeva la pena provare.
Così ho atteso istruzioni più dettagliate e ho iniziato a rispolverare quel poco che so di treddì.
Martedì pomeriggio nessuna di queste informazioni dettagliate era arrivata a destinazione, quindi ho iniziato a disegnare mele rosse e fantasticare sugli unicorni mentre scambiavo messaggi più o meno d'ammmore con l'uomo dell'europa occidentale. (Post precedente, in caso ve lo steste chiedendo...). Iniziamo a chiacchierare all'una e ci salutiamo alle due. Di notte. Concludendo il tutto con un invito a pranzo per il lunedì successivo, che poi sarebbe oggi.
Mercoledì finalmente, dopo un veloce scambio di mail con questi fantomatici clienti della ditta farmaceutica, ricevo una foto sgranata dell'assorbente e un meraviglioso logo, ugualmente sgranato. Alche, dopo aver finalmente riprodotto (in sole 5 o 6 ore!!! Record!!!) il suddetto assorbente in treddì, decido di chiamarli perché vorrei sapere qualcosa di più,, tipo se DAVVERO si aspettano di ricevere tutto il montato per il 5.... Mi rispondono che sono stati un po' incasinati, che stanno lavorando alle riprese, che vorrebbero questo, quest'altro e quest'altro ancora nell'animazione... e che si, serve per il 5. O quantomeno il prima possibile.
ll primo pensiero è rispondergli ciò che vogliono sentirsi dire, per poi fare quello che pare a me, ovvero consegnarglielo quando avrò finito, senza accumulare ritardi eclatanti, ma prendendomi tranquillamente la giornata di lunedì (che sarebbe sempre oggi) per svagarmi e ascoltare altre storielle sulla Spagna, il Portogallo e cose così.
Poi però mercoledì mi rendo conto di aver già finito il lavoro più tignoso e di averlo fatto anche relativamente bene. Stessa cosa vale per i giorni a seguire, escluso giovedì, quando ho passato sette o otto ore a modellare fiorellini che tutto sembravano meno che morbidi e sofficiosi (parevano più che altro mentine enormi e molto molto dure). Così, mentre io continuo a lavorare, trascorrendo giornate intere a barcamenarmi tra pc e mac, proiettare texture, animare fiori, creare batuffoli che dovrebbero sembrare tridimensionali e invece sono solo disegnati molto bene, mettere le ossa ad assorbenti e farli roteare come ballerine, la ditta farmaceutica (o chi per essa) scompare del tutto. E mi rendo conto che, essendo giornate festive, probabilmente non avrebbe nemmeno senso chiamare e chiedere maggiori informazioni. Ma domenica sera mi ritrovo con il lavoro praticamente finito, anche discretamente se si calcola che ho impiegato solo quattro giorni per farlo tutto (e se giovedì non avessi perso tempo per colpa delle mentine, probabilmente avrei finito anche prima). Così, del tutto alla cieca, decido di mandare i video sia all'amico che poi dovrà montarli, che alla responsabile con cui ho parlato. E con un discreto mal di testa, vado finalmente a letto felice e contenta, pensando che l'indomani mattina potrò finalmente svegliarmi all'ora che decido io!
L'indomani mattina, che poi sarebbe sempre oggi, mi sveglio alle 10, con estrema calma, aspettando una mail che confermi se il lavoro va bene o, al contrario, il fatto che in treddì sono davvero una cagna senza speranze. Nulla di tutto ciò. E per alleggerire la preoccupazione, continuo a ripetermi che se un cliente vuole un lavoro ben fatto non si affida a scatola chiusa ad una sconosciuta senza starle un minimo dietro, soprattutto non così a ridosso della consegna. Quindi decido di fregarmene altamente, perché io ho dato il massimo e sono soddisfatta così. Magari poi li sentirò domani, ma questo è irrilevante.
Nel frattempo, dopo una doccia veloce, decido di mettermi al pari con qualche serie lasciata un po' indietro. Finchè non mi cade l'occhio sull'orologio.
Le 12,50.
Ne deduco che probabilmente era troppo tardi per uscire a pranzo e di sicuro l'uomo dell'europa occidentale non mi avrebbe più scritto per accordarci. A posto così, come mandare in fumo un appuntamento.
Avrei potuto scrivergli io, visto che in questi giorni l'aveva fatto lui per primo, ma nonostante avessimo trascorso tanto tempo a chiacchierare, non ha più approfondito il discorso "vediamoci lunedì" e dato che non ho mai visto particolare interesse o ardore nello scrivermi (a parte il fatto che in effetti mi scriveva e continuava a farlo) ho preferito non essere io a ricordare la cosa. Anche perché lunedì scorso un'amica mi ha gentilmente consigliato di non farmi viva per prima, che secondo me è una cazzata immane, perché "in amore vince chi fugge" era vero finché le donne non si sono trasformate in gorgoni, generando così il terrore negli uomini. Però il solo fatto che lei abbia un fidanzato innamorato e devoto mentre io no, mi ha incoraggiata ad ascoltarla. E ora sono a casa. Yeah!
L'ennesima dimostrazione che il destino mi tende sempre una mano. La prossima volta evito di ascoltare un'amica e non mi ritroverò a mangiare risotto allo zafferano insipido! Uffa!
Siamo a Lunedì, tardo pomeriggio: mentre probabilmente sono impegnata a scrivere post di nessunissimo interesse per il mondo, un vecchio compagno di scuola mi contatta per propormi un fantomatico lavoro: non importa di che si tratti, le due uniche parole a cogliere la mia attenzione sono "duecento euro". Si, mi interessa. Ma passiamo al lavoro in sé: trattasi di un contributo grafico in 3D per una ditta farmaceutica che deve promuovere degli assorbenti... bla bla bla... servirebbe per il 5. Che poi sarebbe domani.
Piccolo problema: io a lavorare in 3D sono una cagna di dimensioni cosmiche. Ma duecento euro, da queste parti sono una cifra ancora più cosmica e mi son detta che, nonostante la consegna così prossima, valeva la pena provare.
Così ho atteso istruzioni più dettagliate e ho iniziato a rispolverare quel poco che so di treddì.
Martedì pomeriggio nessuna di queste informazioni dettagliate era arrivata a destinazione, quindi ho iniziato a disegnare mele rosse e fantasticare sugli unicorni mentre scambiavo messaggi più o meno d'ammmore con l'uomo dell'europa occidentale. (Post precedente, in caso ve lo steste chiedendo...). Iniziamo a chiacchierare all'una e ci salutiamo alle due. Di notte. Concludendo il tutto con un invito a pranzo per il lunedì successivo, che poi sarebbe oggi.
Mercoledì finalmente, dopo un veloce scambio di mail con questi fantomatici clienti della ditta farmaceutica, ricevo una foto sgranata dell'assorbente e un meraviglioso logo, ugualmente sgranato. Alche, dopo aver finalmente riprodotto (in sole 5 o 6 ore!!! Record!!!) il suddetto assorbente in treddì, decido di chiamarli perché vorrei sapere qualcosa di più,, tipo se DAVVERO si aspettano di ricevere tutto il montato per il 5.... Mi rispondono che sono stati un po' incasinati, che stanno lavorando alle riprese, che vorrebbero questo, quest'altro e quest'altro ancora nell'animazione... e che si, serve per il 5. O quantomeno il prima possibile.
ll primo pensiero è rispondergli ciò che vogliono sentirsi dire, per poi fare quello che pare a me, ovvero consegnarglielo quando avrò finito, senza accumulare ritardi eclatanti, ma prendendomi tranquillamente la giornata di lunedì (che sarebbe sempre oggi) per svagarmi e ascoltare altre storielle sulla Spagna, il Portogallo e cose così.
Poi però mercoledì mi rendo conto di aver già finito il lavoro più tignoso e di averlo fatto anche relativamente bene. Stessa cosa vale per i giorni a seguire, escluso giovedì, quando ho passato sette o otto ore a modellare fiorellini che tutto sembravano meno che morbidi e sofficiosi (parevano più che altro mentine enormi e molto molto dure). Così, mentre io continuo a lavorare, trascorrendo giornate intere a barcamenarmi tra pc e mac, proiettare texture, animare fiori, creare batuffoli che dovrebbero sembrare tridimensionali e invece sono solo disegnati molto bene, mettere le ossa ad assorbenti e farli roteare come ballerine, la ditta farmaceutica (o chi per essa) scompare del tutto. E mi rendo conto che, essendo giornate festive, probabilmente non avrebbe nemmeno senso chiamare e chiedere maggiori informazioni. Ma domenica sera mi ritrovo con il lavoro praticamente finito, anche discretamente se si calcola che ho impiegato solo quattro giorni per farlo tutto (e se giovedì non avessi perso tempo per colpa delle mentine, probabilmente avrei finito anche prima). Così, del tutto alla cieca, decido di mandare i video sia all'amico che poi dovrà montarli, che alla responsabile con cui ho parlato. E con un discreto mal di testa, vado finalmente a letto felice e contenta, pensando che l'indomani mattina potrò finalmente svegliarmi all'ora che decido io!
L'indomani mattina, che poi sarebbe sempre oggi, mi sveglio alle 10, con estrema calma, aspettando una mail che confermi se il lavoro va bene o, al contrario, il fatto che in treddì sono davvero una cagna senza speranze. Nulla di tutto ciò. E per alleggerire la preoccupazione, continuo a ripetermi che se un cliente vuole un lavoro ben fatto non si affida a scatola chiusa ad una sconosciuta senza starle un minimo dietro, soprattutto non così a ridosso della consegna. Quindi decido di fregarmene altamente, perché io ho dato il massimo e sono soddisfatta così. Magari poi li sentirò domani, ma questo è irrilevante.
Nel frattempo, dopo una doccia veloce, decido di mettermi al pari con qualche serie lasciata un po' indietro. Finchè non mi cade l'occhio sull'orologio.
Le 12,50.
Ne deduco che probabilmente era troppo tardi per uscire a pranzo e di sicuro l'uomo dell'europa occidentale non mi avrebbe più scritto per accordarci. A posto così, come mandare in fumo un appuntamento.
Avrei potuto scrivergli io, visto che in questi giorni l'aveva fatto lui per primo, ma nonostante avessimo trascorso tanto tempo a chiacchierare, non ha più approfondito il discorso "vediamoci lunedì" e dato che non ho mai visto particolare interesse o ardore nello scrivermi (a parte il fatto che in effetti mi scriveva e continuava a farlo) ho preferito non essere io a ricordare la cosa. Anche perché lunedì scorso un'amica mi ha gentilmente consigliato di non farmi viva per prima, che secondo me è una cazzata immane, perché "in amore vince chi fugge" era vero finché le donne non si sono trasformate in gorgoni, generando così il terrore negli uomini. Però il solo fatto che lei abbia un fidanzato innamorato e devoto mentre io no, mi ha incoraggiata ad ascoltarla. E ora sono a casa. Yeah!
L'ennesima dimostrazione che il destino mi tende sempre una mano. La prossima volta evito di ascoltare un'amica e non mi ritroverò a mangiare risotto allo zafferano insipido! Uffa!
lunedì 28 ottobre 2013
Things worth forgetting
Se siete dei cultori di Friends come io lo ero un tempo, saprete bene cosa sia la storia dell'europa occidentale. In caso non lo foste, è una storia molto romantica inventata da Joey per sedurre le donzelle e utilizzata da Rachel per sedurre a sua volta il malcapitato Ross.
Ecco, dopo venerdì sera, posso assicurarvi che questa maledetta storia (vera o inventata che sia) funziona maledettamente bene! E' addirittura più infallibile dell'Uomo Nudo di How I met your mother, la quale, ricordiamo, ha 2 probabilità su 3 di funzionare, mentre comunque l'altra soluzione, anche in vista di un fallimento, non intaccherebbe in alcun modo la vostra dignità...
E ad ogni modo fidatevi, le possibilità di fallire sono davvero scarse!
Anche se la fanciulla in questione ha iniziato la serata puntando altrove (nello specifico un ragazzo fidanzato, uno psicopatico e un terzo di dubbia natura),
E pare non abbiate nulla in comune.
E siete juventini impegnati a sedurre una sfegatata romanista!
E parlando di politica, le cose sembrano crollare in maniera definitiva...
E anche dopo un litro di birra e tre amari che le avete offerto, lei sembra ancora perfettamente sobria!
Ma soprattutto la fanciulla non sembra intenzionata a concedervi alcunché, perché nonostante lei sia decisamente bassa... voi forse siete alti come lei...
Però purtroppo (o per fortuna) quella storia funziona davvero, perché è maledettamente romantica, specie se è vera e voi avete davvero passato un mese a girare per Spagna e Portogallo (non certo a contemplare le bellezze naturali). Posso assicurarvi che in poco tempo vi ritrovereste a limonare come se non ci fosse un domani e probabilmente lei vorrebbe rimanere ancora lì con voi, se solo la sua amica non fosse così stanca e si sentisse in colpa a lasciarla andare a casa da sola...
E pensare che la conoscevo bene. Ma non sono sicura che dimenticarne gli effetti e cascarci sia stato un male...
Ecco, dopo venerdì sera, posso assicurarvi che questa maledetta storia (vera o inventata che sia) funziona maledettamente bene! E' addirittura più infallibile dell'Uomo Nudo di How I met your mother, la quale, ricordiamo, ha 2 probabilità su 3 di funzionare, mentre comunque l'altra soluzione, anche in vista di un fallimento, non intaccherebbe in alcun modo la vostra dignità...
E ad ogni modo fidatevi, le possibilità di fallire sono davvero scarse!
Anche se la fanciulla in questione ha iniziato la serata puntando altrove (nello specifico un ragazzo fidanzato, uno psicopatico e un terzo di dubbia natura),
E pare non abbiate nulla in comune.
E siete juventini impegnati a sedurre una sfegatata romanista!
E parlando di politica, le cose sembrano crollare in maniera definitiva...
E anche dopo un litro di birra e tre amari che le avete offerto, lei sembra ancora perfettamente sobria!
Ma soprattutto la fanciulla non sembra intenzionata a concedervi alcunché, perché nonostante lei sia decisamente bassa... voi forse siete alti come lei...
Però purtroppo (o per fortuna) quella storia funziona davvero, perché è maledettamente romantica, specie se è vera e voi avete davvero passato un mese a girare per Spagna e Portogallo (non certo a contemplare le bellezze naturali). Posso assicurarvi che in poco tempo vi ritrovereste a limonare come se non ci fosse un domani e probabilmente lei vorrebbe rimanere ancora lì con voi, se solo la sua amica non fosse così stanca e si sentisse in colpa a lasciarla andare a casa da sola...
E pensare che la conoscevo bene. Ma non sono sicura che dimenticarne gli effetti e cascarci sia stato un male...
martedì 15 ottobre 2013
In truth we trust
Qualche giorno fa, mentre oziavo su Facebook, mi sono imbattuta in questo link.
Visto che da un po' di tempo ormai riflettevo sull'argomento sincerità, ho deciso che era ora di scrivere due righe.
Adesso, avendo letto a fondo l'articolo (non che ci sia molto da leggere), sarà palese a tutti che il tizio in questione non conosce bene le mezze misure. Quando qualcuno si comporta così, non si tratta più di mettere in discussione le proprie idee o affrontare la realtà, ma di insultarlo il più perfidamente possibile.
Perché secondo me la giusta dose di sincerità dipende da due fattori imprescindibili:
- Il modo in cui si dice qualcosa, molto più della cosa in sé
- Il fatto che qualcuno ti abbia effettivamente chiesto un parere a riguardo.
Sul primo fattore non serve che mi spieghi. Per quanto riguarda il secondo dirò che, conoscendo alcune persone e chiedendo proprio a loro un parere, il solo fatto che gliel'abbia chiesto fa in modo che io sopporti anche parole brusche. Ad esempio, so che CdS non è esattamente un tipino delicato, ma so anche che non dice cattiverie gratuite e non richieste. Se mi trovassi a chiedere un parere a lei, so che potrei andare incontro a commenti del tipo "Fai schifo con quel colore!" oppure "Con la frangia hai la faccia da scema", ma non dovrei prendermela per frasi simili, perché so benissimo cosa mi aspetta chiedendo la sua opinione. E' vero anche che, quando la questione tocca un'importanza maggiore di una semplice frangia, anche lei diventa subito delicata e discreta. Non mi ha mai detto di odiare il duca: quando c'è stata occasione ha usato parole gentili dicendomi che non ci vedeva bene insieme e che non mi trattava come meritavo. Poi però quando ha saputo della rottura, ha voluto festeggiare stappando una birra e dandogli senza mezzi termini dello stronzo! Per dire.
Tutto ciò per dire che ultimamente sento l'irrefrenabile bisogno di esternare ciò che penso, sempre se richiesto o, in caso contrario, nei dovuti modi. Solo che purtroppo non è cosa semplice, perché in effetti è vero, senza dare del ciccione orrendo a qualcuno, non sempre la gente accetta la realtà o vuole affrontarla.
La casistica è complessa:
C'è quel tuo amico che ti confida di avere difficoltà nel trovare una ragazza, perché sempre più spesso tende a finire nella tanto temuta friendzone. Tu, che solo poco tempo fa eri tra le sue mire, vorresti tanto dirgli che una bona idea per evitare la suddetta zona amici sarebbe quella di non ruttare o bestemmiare in presenza della fanciulla di turno, ma come fai? Avresti voluto dirglielo a suo tempo, ma come allora, trovi difficile scegliere le parole adatte...
Oppure c'è quel ragazzo che proprio non ti piace e che vagamente ti chiede di uscire insieme. Ti ha fatto qualche complimento, ma di fatto, anche se fuori con lui proprio non ci vuoi andare, ti sembra azzardato rifiutare aggiungendo che non vuoi impegnarti in alcun modo. Perché purtroppo il ragazzo è abbastanza scaltro da non dichiararsi apertamente, ma a quanto pare, non a sufficienza per capire che tre rifiuti di fila significano un chiaro e deciso due di picche.
Qui il problema sta proprio nel fatto che, se la domanda non ti viene posta, ti è difficile rispondere in modo chiaro.
- Verrei volentieri a bere una birra con te (ed è tutto da vedere) ma senza impegno
- E chi voleva impegnarsi? T'ho chiesto di uscire a bere, mica di sposarti, stronza!
In effetti potrebbe anche succedere, no?
E infine (ma questo di solito accade il lunedì) tutti quelli che si lamentano del proprio lavoro, di dover cominciare la settimana, della mancanza di un terzo giorno tra il sabato e la domenica. A tutti questi simpatici personaggi, vorresti chiedere di smetterla con le lagne e proporre loro uno scambio: per un mese tu ti alzerai tutti i giorni e andrai a lavorare, mentre loro si alzeranno quando vogliono e passeranno la giornata a inventarsi qualcosa, continuando ad aspettare l'arrivo di una mail o che qualcuno proponga loro un impiego. Ah, non vale prendersi un mese per andare in vacanza perché un disoccupato non ha certo i soldi per farsi un bel viaggetto, e tantomeno per uscire tutte le sere! Uno scambio è uno scambio!
Troppo cattiva? Qui le parole non dovrei nemmeno cercarle, e sono pronta alla pioggia di insulti.
D'altra parte, io per prima ho sempre cercato la sincerità e odiato le frasi fatte, anche perché trovo che sia più semplice risolvere i problemi se qualcuno per primo è limpido con te. In tutti i sensi.
Non ho mai sopportato gli ex che inventano scuse prima di mollarmi. Dimmi che ti faccio schifo, dimmi che ti stai facendo un'altra e soprattutto non venirmi a dire che "rimarremo amici", solo per farmi piacere, perché io sono scema e a queste cose finisco per crederci, così come credo al "ne parleremo a voce" che non arriva mai. Odio chi parla solo per non ferire i sentimenti di qualcuno, soprattutto se a farlo saranno i fatti. Dimmi sinceramente che mora sto da cani, che le mie battute non fanno ridere, che non abbasserai le tasse e che togliere l'IMU sarebbe una pettinata, tanto i soldi da qualche parte bisognerà prenderli.
Alla fine - ebbene si, ricomincio a lagnarmi perché non ho un lavoro - dopo giorni di arrovellamenti a domandarmi come mai nessuno mi abbia ancora offerto uno schifo di impiego e sguardi stupiti perché "è strano, alla fine era così brava...", ci terrei tanto che qualcuno, in tutta sincerità mi spiegasse qual'è il motivo. Forse non sono così brava, o forse mi pongo male, oppure la mia faccina da quindicenne non dice proprio "affidatemi un compito importante". Non ne ho idea. Sono pronta a tutto, ma non parlatemi di sfiga perché non ci credo!
Visto che da un po' di tempo ormai riflettevo sull'argomento sincerità, ho deciso che era ora di scrivere due righe.
Adesso, avendo letto a fondo l'articolo (non che ci sia molto da leggere), sarà palese a tutti che il tizio in questione non conosce bene le mezze misure. Quando qualcuno si comporta così, non si tratta più di mettere in discussione le proprie idee o affrontare la realtà, ma di insultarlo il più perfidamente possibile.
Perché secondo me la giusta dose di sincerità dipende da due fattori imprescindibili:
- Il modo in cui si dice qualcosa, molto più della cosa in sé
- Il fatto che qualcuno ti abbia effettivamente chiesto un parere a riguardo.
Sul primo fattore non serve che mi spieghi. Per quanto riguarda il secondo dirò che, conoscendo alcune persone e chiedendo proprio a loro un parere, il solo fatto che gliel'abbia chiesto fa in modo che io sopporti anche parole brusche. Ad esempio, so che CdS non è esattamente un tipino delicato, ma so anche che non dice cattiverie gratuite e non richieste. Se mi trovassi a chiedere un parere a lei, so che potrei andare incontro a commenti del tipo "Fai schifo con quel colore!" oppure "Con la frangia hai la faccia da scema", ma non dovrei prendermela per frasi simili, perché so benissimo cosa mi aspetta chiedendo la sua opinione. E' vero anche che, quando la questione tocca un'importanza maggiore di una semplice frangia, anche lei diventa subito delicata e discreta. Non mi ha mai detto di odiare il duca: quando c'è stata occasione ha usato parole gentili dicendomi che non ci vedeva bene insieme e che non mi trattava come meritavo. Poi però quando ha saputo della rottura, ha voluto festeggiare stappando una birra e dandogli senza mezzi termini dello stronzo! Per dire.
Tutto ciò per dire che ultimamente sento l'irrefrenabile bisogno di esternare ciò che penso, sempre se richiesto o, in caso contrario, nei dovuti modi. Solo che purtroppo non è cosa semplice, perché in effetti è vero, senza dare del ciccione orrendo a qualcuno, non sempre la gente accetta la realtà o vuole affrontarla.
La casistica è complessa:
C'è quel tuo amico che ti confida di avere difficoltà nel trovare una ragazza, perché sempre più spesso tende a finire nella tanto temuta friendzone. Tu, che solo poco tempo fa eri tra le sue mire, vorresti tanto dirgli che una bona idea per evitare la suddetta zona amici sarebbe quella di non ruttare o bestemmiare in presenza della fanciulla di turno, ma come fai? Avresti voluto dirglielo a suo tempo, ma come allora, trovi difficile scegliere le parole adatte...
Oppure c'è quel ragazzo che proprio non ti piace e che vagamente ti chiede di uscire insieme. Ti ha fatto qualche complimento, ma di fatto, anche se fuori con lui proprio non ci vuoi andare, ti sembra azzardato rifiutare aggiungendo che non vuoi impegnarti in alcun modo. Perché purtroppo il ragazzo è abbastanza scaltro da non dichiararsi apertamente, ma a quanto pare, non a sufficienza per capire che tre rifiuti di fila significano un chiaro e deciso due di picche.
Qui il problema sta proprio nel fatto che, se la domanda non ti viene posta, ti è difficile rispondere in modo chiaro.
- Verrei volentieri a bere una birra con te (ed è tutto da vedere) ma senza impegno
- E chi voleva impegnarsi? T'ho chiesto di uscire a bere, mica di sposarti, stronza!
In effetti potrebbe anche succedere, no?
E infine (ma questo di solito accade il lunedì) tutti quelli che si lamentano del proprio lavoro, di dover cominciare la settimana, della mancanza di un terzo giorno tra il sabato e la domenica. A tutti questi simpatici personaggi, vorresti chiedere di smetterla con le lagne e proporre loro uno scambio: per un mese tu ti alzerai tutti i giorni e andrai a lavorare, mentre loro si alzeranno quando vogliono e passeranno la giornata a inventarsi qualcosa, continuando ad aspettare l'arrivo di una mail o che qualcuno proponga loro un impiego. Ah, non vale prendersi un mese per andare in vacanza perché un disoccupato non ha certo i soldi per farsi un bel viaggetto, e tantomeno per uscire tutte le sere! Uno scambio è uno scambio!
Troppo cattiva? Qui le parole non dovrei nemmeno cercarle, e sono pronta alla pioggia di insulti.
D'altra parte, io per prima ho sempre cercato la sincerità e odiato le frasi fatte, anche perché trovo che sia più semplice risolvere i problemi se qualcuno per primo è limpido con te. In tutti i sensi.
Non ho mai sopportato gli ex che inventano scuse prima di mollarmi. Dimmi che ti faccio schifo, dimmi che ti stai facendo un'altra e soprattutto non venirmi a dire che "rimarremo amici", solo per farmi piacere, perché io sono scema e a queste cose finisco per crederci, così come credo al "ne parleremo a voce" che non arriva mai. Odio chi parla solo per non ferire i sentimenti di qualcuno, soprattutto se a farlo saranno i fatti. Dimmi sinceramente che mora sto da cani, che le mie battute non fanno ridere, che non abbasserai le tasse e che togliere l'IMU sarebbe una pettinata, tanto i soldi da qualche parte bisognerà prenderli.
Alla fine - ebbene si, ricomincio a lagnarmi perché non ho un lavoro - dopo giorni di arrovellamenti a domandarmi come mai nessuno mi abbia ancora offerto uno schifo di impiego e sguardi stupiti perché "è strano, alla fine era così brava...", ci terrei tanto che qualcuno, in tutta sincerità mi spiegasse qual'è il motivo. Forse non sono così brava, o forse mi pongo male, oppure la mia faccina da quindicenne non dice proprio "affidatemi un compito importante". Non ne ho idea. Sono pronta a tutto, ma non parlatemi di sfiga perché non ci credo!
Se preferite un discorso meno pastrocchiato a riguardo, trovo che lei abbia trattato l'argomento in maniera splendida!
martedì 8 ottobre 2013
Tinte, karma e duchi
Lunedì + (pioggia x capelli sciolti) = tinta
Questa semplice equazione corrisponde ad una verità sempre valida. Almeno per me.
Preceduta da un'altra sacrosanta verità, valida per la maggior parte delle donne di questo mondo:
"Quando una donna vuole cambiare qualcosa di sé, comincia sempre dai capelli"*
Ma purtroppo qualcosa andò storto, e fu così che quello promesso come un biondo scuro, si rivelò nientemeno che un castano del tutto identico a quello che già avevo in testa. Se non altro ora i capelli sono di un colore solo.
Ciò non toglie che io ancora mi domandi come possa un semplice taglio o colore, generare cambiamenti in tutti i sensi. Della serie ieri mi trascinavo come una larva fuori dalle coperte mentre oggi, grazie a questa nuova frangetta sbarazzina io saltello allegra per le vie de centro, intrattenendomi con sconosciuti e regalando sorrisi a tutti mentre mi dirigo verso il nuovo e superlussuoso posto di lavoro!
Non succede nulla di tutto ciò e la maggior parte delle volte, nessuno nota il benché minimo cambiamento in voi. A meno che non sfoggiate un colore stile lattina di coca cola o un taglio davvero drastico.
Nonostante tutto però qualcosa cambia davvero. Per poco, ma qualcosa cambia. Probabilmente ci sentiamo davvero diverse e questa sensazione ci rende più allegre, sorridenti, positive... non sono una psicologa e questa spiegazione sa un po' di ovvio, ma tant'è.
Tutto ciò per dire che ieri mattina, rotolando fuori dalle coperte, mi sono resa conto di essere circondata da un panorama devastante:
- niente lavoro
- niente da fare
- single. Sola come una zattera in mezzo al mare, come una zitella di mezza età, ma senza gatti, il che rende tutto infinitamente più triste e desolante.
Ma procediamo con ordine: a tre mesi dal diploma, a parte qualche progettino qua e là, non ho concluso granché. Sono diventata un'esperta nell'impaginazione dei curricula e nello scrivere lettere di presentazione (è sempre la stessa che copio e incollo, premurandomi di cambiare il nome dell'azienda). Mi sono scoperta bravissima anche a millantare conoscenze mai possedute - tanto si sa, l'esperienza è la migliore insegnante -. Peccato che tutto questo non abbia sortito alcun risultato. Anzi si, un paio di colloqui li ho fatti, ma purtroppo entrambi a vuoto. Il primo per la mancata partenza di un progetto del quale avrei dovuto far parte, il secondo per colpa mia, che all'ultimo ho fatto uno di quegli errori cretini pari forse a lasciare il rubinetto aperto con il tappo del lavandino chiuso. E quasi sicuramente avranno chiamato qualcun altro più attento e preciso di me. Forse, oltre a imparare nuovi programmi o disegnare tutto il giorno, dovrei costringermi a lavorare sotto pressione in modo da non incappare in errori di questo tipo la prossima volta.
Ad ogni modo qualcuno potrebbe obiettare che tre mesi non sono nulla e il tempo per trovare un lavoro non manca. Purtroppo però subentrano alcuni fattori determinanti che intralciano la mia serenità:
- Alla veneranda età di ventisette diciannove anni, presentarsi ad un'azienda senza una ferrea esperienza alle spalle non è certo un canale preferenziale e io purtroppo, avendo dedicato tutti questi anni allo studio, sono considerata priva di esperienza o comunque alle prime armi. Escludendo chiunque cerchi un apprendista di massimo ventiquattro anni, con almeno tre anni di esperienza nel campo e tre lauree con master a seguito, non pensiate che le altre aziende sceglierebbero me quando potrebbero avere a disposizione un ventiduenne con la stessa esperienza. Sono vecchia e me l'hanno anche detto.
- Per natura, ho la forte tendenza all'iperattività. Ne consegue una forte tendenza a sentirmi una fancazzista al sol pensiero di trascorrere le mie giornate in casa, anche se di fatto qualcosa finisco per combinarla comunque. Non posso farci niente, mi sento così da quando ero a liceo e tutto ciò mi rende incapace di rilassarmi, anche quando ne avrei bisogno.
- Quando prima affermavo di aver dedicato gli anni passati allo studio, intendevo SOLO allo studio. Ciò fa si che io sia priva esperienza sia nel mio campo, che in qualsiasi altro. Se escludiamo quattro mesi come operatrice di cassa, non ho mai fatto lavoretti salutari. Per fare la hostess sono troppo bassa, per fare la commessa sarei troppo istruita e nessuno mi ha mai richiamata, per fare la cameriera a Milano ci vuole un mezzo che ti riporti a casa dopo le due del mattino e purtroppo anche quello manca. Aggiungete pure due genitori che hanno sempre fatto pressioni sul fatto che evitassi di lavorare e uniteli ad una sfiga cronica nel trovare lavoro, potrete concludere che anche la carta dei lavoretti salutari non è la prima che giocherei al momento.
Lo sconforto era abbastanza alto da farmi tentare l'ultima carta. E visto che per ora non svelerò nulla di più specifico a riguardo, dico solo che oggi, mentre camminavo per le vie del centro facendo i primi passi per rendere quest'ultima carta un po' meno ipotetica, sotto i vapori della pioggia, ho sentito i miei capelli gonfiarsi pian piano e ho deciso di dare una svolta anche a loro.
Passiamo al secondo argomento (o meglio il terzo).
Single. Che fine fece il duca?
Diciamo che andare al mare insieme non ha portato i benefici sperati.
Oltre al resto, mi sono sentita dire di non avergli dato nulla in quattro mesi di relazione.
Eeeeh! Errore!
Non stavo forse passando ore a ripassare con lui il dialogo per il provino?
Non ero forse io a dargli spazio senza fargli mai pesare di non riuscire a vedere spesso le mie amiche? Non ero forse stata io a stargli vicino durante le prove del saggio, chiedendogli come stesse, come andasse, dandogli consigli, senza prendermela o sembrare triste se non lo vedevo per settimane intere? La stessa persona che per tutta risposta, quando una settimana dopo si è diplomata, ha ricevuto una bella pacca sulla spalla, un complimentino e un messaggio di scuse perché la sera della festa "sono stato tanto coi miei amici e ti ho ignorata" e per tutto ciò non se l'è affatto presa. Non al momento almeno.
Ma forse tutto ciò non basta a uno abituato a vomitare arcobaleni, dedicare poemi sdolcinati e dire frasi esagerate dopo una settimana che si esce ma, dopo poco, non venendo ricambiato a dovere, a chiudersi a riccio e diventare pungente e a volte anche un po' offensivo.
Così la nostra vacanza ha finito per trasformarsi in una parodia (brutta) di Ricorda con rabbia. E lo conosco perché ho dovuto pure leggermelo visto che il duca non sapeva quale monologo scegliere e mi ha chiesto se potevo aiutarlo nella decisione.
Mi ha anche detto che con me non si diverte. E' vero, amore è essere scemi insieme ma tra di noi lo scemo era lui e a me veniva solo di essere rigida come un tronco. Non fraintendetemi, io adoro fare la scema, ma non riesco a divertirmi con qualcuno che ha l'umorismo di un quindicenne e che trova spassosissimo scherzare su una presunta bisessualità (nemmeno vera, ma come dicevo, lo trovava divertente) al primo appuntamento. Non sei divertente, sei solo scemo! Ad aprile pensavo che l'umorismo da terza media fosse solo occasionale ma è venuto fuori tutto d'un colpo proprio al mare e per un po' ho fatto finta di ridere, poi mi sono stancata.
Ovviamente ho provato a dirgli che così non mi stava bene, ma per tutta risposta lui ha insistito perché continuassimo a vederci, dicendomi che voleva proseguire proprio perché mi stimava tantissimo.
...
So a cosa state pensando...
Una terribile visione degli anni che ci aspettavano. Io sono quello a destra col cappello |
Esattamente.
Tutto questo finchè non torniamo dal mare e, proprio sul treno di ritorno lui scopre di doversi operare il giorno dopo. Trattandosi di un'operazione delicata, ho deciso di fare il possibile, cercare di capire se potessimo vederci comunque ("tranquilla, sono a casa con mio padre, ci vedremo quando starò meglio") e in caso contrario, farmi comunque sentire. Finché ad un certo punto non sparisce. Va beh, due giorni, che vuoi che siano. Solo che voci attendibili mi dicono che sta male, è pallido, dimagrito... tutto questo mentre io, alla sagra dei Crotti mi sto ingozzando e ubriacando alla faccia di tutti.
E gli scrivo per sapere come sta.
Per tutta risposta mi scrive che sta bene. Ma aggiunge che purtroppo deve dirmi qualcosa che mi farà arrabbiare. E mi lascia.
In quel momento cosa potevo fare?
- Struggermi in lacrime.
- Rispondergli di fottersi
- Prendere un bicchiere di vino, berlo e rispondere, composta, che ero perfettamente d'accordo con lui ma che per senso di decenza avrei preferito comunicarglielo di persona una volta guarito.
Per aver scelto la terza via ho guadagnato la standing ovation di un'amica, nonché fan n1 del duca, almeno finché non le ho annunciato le modalità con cui lui ha deciso di chiudere con me!
Ora io e lui, nonostante il messaggio aggiungesse che avrebbe voluto parlarne di persona, non ci siamo più visti. Ma so da fonti certe che sta bene, si è ripreso e ora vanta anche un posto al terzo anno del corso di teatro.
Ad ogni modo mi scuso per questo periodo di assenza. Non diamo al duca tutta la colpa.
Ora sono di nuovo qui, con gli stessi capelli castani di prima, ma almeno di un castano solo! Ohyeah! E dico che il karma me ne deve una.
*si ringrazia laQ per la sacrosanta verità!
sabato 3 agosto 2013
Di partenze e commedie americane
- Ti va se ci vediamo venerdì? Domenica parto e volevo salutarti...
- Si, ok, però sono triste perché significa che hai già preso una decisione, che immagino sia quella giusta, però non volevo che finisse tutto così e ora tu parti...
- Ehm... Duca, ma cosa dice! Vado al mare una settimana. Non finisce nulla!
- Ah... oh... ok!!! Ora sono contento!!!
Non ho capito bene cosa s'immaginasse ma ho riso come una matta! In parte perché sono perfida, in parte perché questa scenetta da commedia americana era davvero buffa!
Ma alla fine ho deciso che, PER ORA, non finisce niente. E sicuramente non sono il tipo di persona che "ohmioddio ho deciso di partire e farla finita con tutto, ho bisogno di pensare, trovare me stessa, scusami, un giorno capirai", proprio no!
E' solo che tra i tanti forse, si, dai partiamo, ma dove andiamo, forse non partiamo, volevo vedere i miei amici che il Duca mi ha regalato nelle ultime settimane, ho deciso di accordarmi con le amiche per una bella settimana in Liguria. Poi se lui ha voglia, faremo qualcosa, altrimenti va bene così.
Intanto pare che le cose si stiano sistemando. Ho deciso che non gli chiedo più niente, non mi arrabbio più e cerco di essere carina con lui. Ma nel frattempo continuo a farmi i fatti miei. Che poi equivale a non avere molte aspettative e non è il massimo, ma per ora le cose sembrano sulla via del miglioramento, c'è solo da capire quanto tempo io sia disposta ad aspettare o quanto ci metta lui a capire di aver preso un abbaglio gigantesco e che di fatto non gli interesso poi tanto...
Sono troppo razionale... e un po' spaventata nel realizzarlo...
E mi ha appena scritto che la torta di ieri sera era un'opera d'arte... *blush*
Va bene, è tempo di andare!
Settimana prossima tornerò, irrazionale e incazzosa come sempre! E un po' abbronzata. Spero...
martedì 23 luglio 2013
D - sguised
Già, chissà.
Succede che inizi a dire e fare tante cose sbagliate. O meglio, quelle che prima erano giuste, ora sono sbagliate. Ma così, da un giorno all'altro.
Ti addormenti all'apice della felicità, orgogliosa di aver affrontato e superato un periodo difficile, impaziente di raccoglierne i frutti e invece la mattina dopo, lo scenario che ti si presenta davanti è completamente diverso da ciò che ti aspettavi. La persona che solo il giorno prima ti teneva stretta, ripetendoti la sua voglia di recuperare tutto il tempo perduto, ora sembra lontana anni luce da te.
Cos'è successo?
E' successo che al terzo rifiuto ho reagito male. Lo so, potevo essere più gentile ma la prospettiva di un rapporto platonico non mi alletta un granché, specie perché tutti gli impedimenti potevano essere superati solo con un piccolo sforzo e già il fatto di vederli come ostacoli insormontabili mi porta a farmi delle domande. Voglio dire, non mi è mai capitato di sentirmi rifiutata perché fuori dalla porta potrebbero sentirci. Specie se fuori dalla porta ci sono altre due coppie che se non sono troppo sbronze ci daranno dentro tra un attimo. Non mi è mai capitato di dover rimandare perché l'altra persona è convinta che io prenda le mie precauzioni. Non tre volte di seguito almeno! Ti avviso, comportati di conseguenza.
Che poi, più gentile... non ho urlato, non ho lanciato neanche un piatto, non ho nemmeno detto le parolacce. Ho solo pensato di pormi (e porgli) qualche domanda perché tutti questi impedimenti mi sembravano scuse. Ma già così esagero, sono troppo paranoica e devo sopportare che l'altro si arrabbi e passi il tempo a ignorarmi.
E' successo che il giorno del suo compleanno, dopo una settimana che non lo vedevo, avevo voglia di stare un po' con lui. Ma mi risponde che ha organizzato con degli amici e senza troppi problemi mi son tirata indietro. Tranquillo, facciamo un'altra volta, gli ho detto.
- Ma no, se vuoi puoi venire lo stesso.
Ok, ma fare il soprammobile in mezzo a una mandria di sconosciuti (pure simpatici, poverini), non era un'aspettativa allettante. Specialmente se l'altro si aspetta anche che dopo ci scappi qualcosa (basta scuse, stavolta ci siamo impegnati)!
- Ma che gente hai frequentato prima di incontrare me?
- Eh, la mia ex mi diceva le stesse cose.
Ah ecco!
Inizialmente ho pensato che fosse meglio non vedersi più. Avevo voglia di stare con lui, di recuperarlo davvero il tempo passato a sentirci e aspettare che arrivasse il giorno dello spettacolo, il giorno dell'esame, il giorno del suo compleanno ma capendo che dopo l'entusiasmo iniziale erano rimaste solo parole vuote, forse era meglio così. Poi però ho pensato che a 27 anni i problemi possono essere risolti, specie se l'altra persona, quella che credevi di conoscere fino a una settimana prima, ti piace. Così mi sono scusata e ho provato a chiedergli di ritrovare un po' di equilibrio, perché senza un motivo razionale, ho investito parecchio di me in questa relazione e speravo che l'avesse fatto anche lui.
E' una settimana che ci ignoriamo. Ci siamo visti ma più che parlarmi dei suoi dubbi riguardanti il teatro e il futuro non abbiamo fatto.
Non sa che da una settimana ho iniziato a lavorare ad un film, non sa che ho rifiutato uno stage e che questo rifiuto mi costa caro, non sa nulla e non mi ha chiesto nulla.
Dicevo, è una settimana che ci ignoriamo. Lui è partito un paio di giorni, io anche. Ho aspettato che passasse il fine settimana per scrivergli e chiedergli di vederci. Mi ha risposto che sarebbe andato al mare, il suo amico mi saluta... si, poi ci vediamo.
Io non capisco. La soluzione più ovvia sappiamo tutti qual'è, però mi sembra di parlare a un sordo. Ti chiedo di vederci e mi rispondi che oggi vai al mare? Sembra quasi che tu non abbia voglia di affrontare il problema e mi chiedo cosa ti costerebbe. Oppure che tu voglia mettermi davanti al fatto compiuto lasciando che sia io a prenderne atto, però dai, sono cose da quindicenni.
E sorvolando l'apparente sordità, mi sembra che quello che esagera sia lui. A me non sembrano problemi insormontabili e faccio un po' fatica a vederli come tali, specie perché la persona con cui ho condiviso gli ultimi mesi mi piaceva tanto, la stessa che aveva pazientato sei mesi in attesa del momento giusto per farsi avanti. Anche se ora stento a riconoscerla, faccio un po' fatica a metterci un punto. Non voglio, credo valga la pena tentare ancora. A meno che non sia successo altro. E in quel caso penso di avere il diritto di saperlo.
Succede che inizi a dire e fare tante cose sbagliate. O meglio, quelle che prima erano giuste, ora sono sbagliate. Ma così, da un giorno all'altro.
Ti addormenti all'apice della felicità, orgogliosa di aver affrontato e superato un periodo difficile, impaziente di raccoglierne i frutti e invece la mattina dopo, lo scenario che ti si presenta davanti è completamente diverso da ciò che ti aspettavi. La persona che solo il giorno prima ti teneva stretta, ripetendoti la sua voglia di recuperare tutto il tempo perduto, ora sembra lontana anni luce da te.
Cos'è successo?
E' successo che al terzo rifiuto ho reagito male. Lo so, potevo essere più gentile ma la prospettiva di un rapporto platonico non mi alletta un granché, specie perché tutti gli impedimenti potevano essere superati solo con un piccolo sforzo e già il fatto di vederli come ostacoli insormontabili mi porta a farmi delle domande. Voglio dire, non mi è mai capitato di sentirmi rifiutata perché fuori dalla porta potrebbero sentirci. Specie se fuori dalla porta ci sono altre due coppie che se non sono troppo sbronze ci daranno dentro tra un attimo. Non mi è mai capitato di dover rimandare perché l'altra persona è convinta che io prenda le mie precauzioni. Non tre volte di seguito almeno! Ti avviso, comportati di conseguenza.
Che poi, più gentile... non ho urlato, non ho lanciato neanche un piatto, non ho nemmeno detto le parolacce. Ho solo pensato di pormi (e porgli) qualche domanda perché tutti questi impedimenti mi sembravano scuse. Ma già così esagero, sono troppo paranoica e devo sopportare che l'altro si arrabbi e passi il tempo a ignorarmi.
E' successo che il giorno del suo compleanno, dopo una settimana che non lo vedevo, avevo voglia di stare un po' con lui. Ma mi risponde che ha organizzato con degli amici e senza troppi problemi mi son tirata indietro. Tranquillo, facciamo un'altra volta, gli ho detto.
- Ma no, se vuoi puoi venire lo stesso.
Ok, ma fare il soprammobile in mezzo a una mandria di sconosciuti (pure simpatici, poverini), non era un'aspettativa allettante. Specialmente se l'altro si aspetta anche che dopo ci scappi qualcosa (basta scuse, stavolta ci siamo impegnati)!
- Ma che gente hai frequentato prima di incontrare me?
- Eh, la mia ex mi diceva le stesse cose.
Ah ecco!
Inizialmente ho pensato che fosse meglio non vedersi più. Avevo voglia di stare con lui, di recuperarlo davvero il tempo passato a sentirci e aspettare che arrivasse il giorno dello spettacolo, il giorno dell'esame, il giorno del suo compleanno ma capendo che dopo l'entusiasmo iniziale erano rimaste solo parole vuote, forse era meglio così. Poi però ho pensato che a 27 anni i problemi possono essere risolti, specie se l'altra persona, quella che credevi di conoscere fino a una settimana prima, ti piace. Così mi sono scusata e ho provato a chiedergli di ritrovare un po' di equilibrio, perché senza un motivo razionale, ho investito parecchio di me in questa relazione e speravo che l'avesse fatto anche lui.
E' una settimana che ci ignoriamo. Ci siamo visti ma più che parlarmi dei suoi dubbi riguardanti il teatro e il futuro non abbiamo fatto.
Non sa che da una settimana ho iniziato a lavorare ad un film, non sa che ho rifiutato uno stage e che questo rifiuto mi costa caro, non sa nulla e non mi ha chiesto nulla.
Dicevo, è una settimana che ci ignoriamo. Lui è partito un paio di giorni, io anche. Ho aspettato che passasse il fine settimana per scrivergli e chiedergli di vederci. Mi ha risposto che sarebbe andato al mare, il suo amico mi saluta... si, poi ci vediamo.
Io non capisco. La soluzione più ovvia sappiamo tutti qual'è, però mi sembra di parlare a un sordo. Ti chiedo di vederci e mi rispondi che oggi vai al mare? Sembra quasi che tu non abbia voglia di affrontare il problema e mi chiedo cosa ti costerebbe. Oppure che tu voglia mettermi davanti al fatto compiuto lasciando che sia io a prenderne atto, però dai, sono cose da quindicenni.
E sorvolando l'apparente sordità, mi sembra che quello che esagera sia lui. A me non sembrano problemi insormontabili e faccio un po' fatica a vederli come tali, specie perché la persona con cui ho condiviso gli ultimi mesi mi piaceva tanto, la stessa che aveva pazientato sei mesi in attesa del momento giusto per farsi avanti. Anche se ora stento a riconoscerla, faccio un po' fatica a metterci un punto. Non voglio, credo valga la pena tentare ancora. A meno che non sia successo altro. E in quel caso penso di avere il diritto di saperlo.
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