Un animatore odia profondamente sé stesso. L'odio di un animatore verso di sé è direttamente proporzionale all'amore che prova per il suo lavoro.
Un animatore, per produrre qualsiasi cosa, impiega il doppio del tempo di un normale regista di film dal vero.
Un animatore non ragiona a parole bensì per immagini. Se non capisce, vorrà che gli facciate un disegnino. Più spesso lo farà lui.
Dati questi tre postulati, ne deriva una serie infinita di situazioni in cui un animatore medio, anche alle prime armi, finisce per trovarsi.
Quando un animatore medio lavora in team, di solito lo fa con persone che del suo lavoro non capiscono una benemerita mazza. Unendo questo fattore al primo postulato, ne verrà fuori che il registello di turno chiederà all'animatore di produrgli il remake di fantasia in 3D ma con effetti speciali alla Avatar e con la partecipazione della buon'anima di Disney (ma solo dopo l'estinzione degli ebrei), per DOMANI SUL MIO TAVOLO GRAZIE!
L'animatore di solito accetta. Non ha la più pallida idea di come cominciare ma l'idea di mettersi alla prova, lo rende fiero e orgoglioso. In più è rassicurato dal fatto che il regista lo guiderà in questo lavoro complicato.
Ovviamente il regista non ha la minima idea di quello che vuole. Allo stesso tempo, tutto ciò che propone l'animatore gli piace. Oppure gli fa schifo. Insomma, non riesce a scegliere.
Ma il peggio deve ancora arrivare. Avere a che fare con un regista non è semplice, tuttavia capita raramente di trovare esemplari con cui si può trattare, aperti, teneri e coccolosi.
La figura che un animatore teme di più è lo sceneggiatore.
Lo sceneggiatore di solito è un egregio fancazzista. Tra le tante serate di rimorchio goliardico con gli amici sceneggi, trova anche il tempo di buttare giù due righe di senso compiuto. In caso non abbia proprio il tempo, chiederà aiuto all'animatore, il quale si spremerà le meningi per due giorni finendo per buttare giù la sceneggiatura di cappuccetto rosso. Scritta quasi bene. Giunto in possesso della storia, lo sceneggiatore inizierà a sbraitare che non si capisce nulla e la modificherà in modo che cappuccetto sia la perla rara di un bordello a conduzione famigliare: la nonna è la matrona e il lupo una simpatica figuretta del vaudeville. Le battute tristi sono tutte sue.
L'animatore, chiedendosi come mai a lui sembrasse tutto così chiaro e limpido tanto da poterlo visualizzare chiaramente in un disegnino (ci ha anche provato ma allo sceneggiatore i disegnini non piacciono), inizierà a piangere sulle ceneri della sua bellissima storia, ormai trasformata in un soft porno dal finale scontato. Ma andrà avanti lo stesso e, non essendo tanto sveglio nemmeno lui, si chiuderà in casa, tirerà le tende perché la luce gli da un po' fastidio, e si metterà a lavorare. Poco dopo inizierà a piangere, tirerà testate contro il muro e tenterà il suicidio. Proverà nostalgia per la sua antica vita sociale e uscirà fuori ad ubriacarsi.
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Un collaboratore di Dinsey,
durante la produzione di Steamboat Willie |
La mattina dopo, in totale hangover, non si ricorderà nulla di ciò che ha fatto la sera prima, tranne di aver avuto l'idea geniale per produrre il film della sua vita. Quindi, impaziente di tornare alla sua routine, ricomincerà a piangere, fracassarsi parti del corpo contro il muro, nascondersi dal sole, non avere amici e sperare di ritrovare quei pochi alla fine del lavoro, sognando di pianificare tutto quello che farà una volta fuori dal bunker. Lavorerà giorno e notte e finalmente riuscirà a partorire qualcosa di decente. O almeno secondo il suo modesto parere. Infatti il poveretto ha lavorato del urto alla cieca. Un minuto dopo avergli commissionato il fardello, regista e sceneggiatore... puff, si smaterializzano magicamente lasciando l'animatore in un vicolo buio, dal quale di solito ne esce. Dopo quanto, non si sa.
Una volta recuperato il regista, l'animatore gli mostrerà con timore il suo capolavoro, corredato da un graziosissimo herpes zortes sulla guancia sinistra.
Arrivati a questo punto, la storia può avere due conclusioni:
- Al regista non piace il lavoro. Dopo mesi trascorsi non si sa dove, uscirsene con una considerazione simile, può essere distruttivo. Non abbiamo più testimoni in grado di raccontarlo, ma leggende narrano che l'animatore, prima di tentare l'ennesimo suicidio con successo, percuota rudemente il regista abbandonandolo in fin di vita.
- Al regista piace il lavoro! Si complimenterà dunque con l'animatore, gli farà un sacco di feste e gli regalerà una minuscola menzione nei titoli di coda. Il cuore dell'animatore si riempirà di gioia e, recuperati gli amici d'un tempo, uscirà nuovamente ad ubriacarsi. Sentendosi parecchio socievole, attaccherà bottone con chiunque, fino ad incappare in qualche simpatico creativo dalla mente fervida che gli racconterà i suoi progetti futuri. Affascinato e curioso, l'animatore non potrà davvero esimersi dal commentare:
- Che bell'idea, potremo lavorarci insieme, che ne pensi?
...to be continued